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12 Agosto 2022

Abiuro! Tutte le cagate che ho scritto in 12 anni di Mindcheats

Stefano Nessuna categoria 38 Comments

Il primo articolo di Mindcheats risale al 4 maggio 2010.

Da allora, ne ho fatta di strada.

Il 4 maggio 2010 studiavo ancora all’università di Brescia. Non avevo ancora fatto le mie esperienze all’estero, non avevo mai avuto un lavoro fisso a tempo pieno (i lavoretti d’estate non contano).

Ed è grazie a Mindcheats che il lavoro l’ho ottenuto. È stata la mia prima entrata da freelancer, e mi ha dato il budget per aprire la mia prima azienda.

L’ultimo articolo è del marzo 2018, senza contare l’ultimo guest post. Sono passati 4 anni da allora ad oggi.

E le cose sono cambiate, per me. Sicuramente dal 2018, ancora di più dal 2010.

Fra le cose che sono cambiate, sono le mie idee e convinzioni su alcuni argomenti di cui ho parlato nel 384 articoli scritti fino ad oggi su Mindcheats. Alcuni articoli che ho scritto negli anni, sono pieni di idee con le quali non sono più d’accordo.

Quindi ho deciso di scrivere questo maxi-articolo, in cui parlo di tutte le idee che ora considero sbagliate. Ho deciso di non correggere né eliminare questi articoli per due motivi:

  1. Può essere interessante andare a rileggere come io ho cambiato le mie idee nel tempo. E chissà, magari può aiutare qualcun altro a rendersi conto che nessuno è perfetto, e tutto è mutevole.
  2. Quei quattro gatti che ancora mi trovano su Google ancora continueranno a trovarmi. Se cancellassi gli articoli, non mi troverebbero più. 😀

Metterò però in cima all’articolo un box, in cui spiego come le mie idee siano cambiate nel tempo, e con un link verso questo pezzo.

(Tu, lettore del futuro che vuoi scoprire perché l’articolo originale che hai trovato su Google o sui social ti ha rimandato qui, usa la ricerca del browser con il titolo dell’articolo per trovare il pezzo a lui dedicato)

Non so se scriverò altri articoli dopo questo qui. Ma se abbandonassi il blog, questo sarebbe un’ottima nota sulla quale concludere. Quasi poetico.

E non dimentichiamo la lezione del giorno:

Va bene cambiare idea. Ammettere di non essere infallibile è il primo passo per la crescita personale. Non vergognarti mai delle cagate che hai detto in passato, ma sii fiero di aver imparato qualcosa di nuovo.

Chissà, magari fra altri 10 anni scriverò un altro articolo sulle cagate che ho scritto in questo post. Mai dire mai.

Iniziamo? Iniziamo.

Come dormire (molto) di meno: il sonno polifasico

In questo articolo rientrano anche:

  • Come dormire 2 ore al giorno con il sonno polifasico
  • I 3 rischi del sonno polifasico
  • Sonno polifasico: il metodo Dymaxion

Sono sempre stato interessato al sonno e al concetto di dormire bene. Ho provato il sonno polifasico per mesi prima di scriverci un articolo, e ne ero veramente soddisfatto.

Ho anche passato un esame universitario (diritto commerciale) con tipo 27 se non ricordo male, studiando solo di notte, nel tempo che le persone normali dedicano al sonno. Quindi i risultati ci sono stati e i miei esperimenti sembravano aver dato un esito positivo. E dico “sembravano” per un motivo ben preciso…

Ma con il tempo, ho letto e imparato di più su come funziona il sonno. Oltre al fatto che un sacco di nuove ricerche sono uscite riguardo a quanto sia importante dormire bene. È un settore della medicina che ha ricevuto poche attenzioni, fino a un decennio fa.

Ma ora la scienza parla chiaro: il sonno polifasico non funziona. Almeno non il metodo Everyman di cui ho parlato in questo articolo, o i metodi ancora più estremi di cui ho parlato in altri articoli.

Per vivere bene, bisogna dormire 7-9 ore a notte, a seconda della genetica personale, preferenze ed età. Le 4 ore e mezza del metodo Everyman non sono sufficienti, non importa come venga girata la frittata.

E ancora peggio, il sonno profondo non è inutile come ho detto nell’articolo. È fondamentale per recuperare dalla stanchezza e rigenerare i muscoli dopo un allenamento, ad esempio.

Con il tempo, stanno venendo fuori ricerche che dimostrano che ogni fase del sonno è preziosa.

Un terzo della tua vita dovresti passarla a letto, non ci scappi. Cercare di essere più efficace minimizzando il tempo che passi a letto non farà altro che distruggere la produttività di tutta la giornata.

Ma allora come giustifico quel 27 che ho preso dopo aver studiato di notte con il metodo Everyman?

Probabilmente sarebbe stato un 29 se avessi dormito normalmente, e con 20 ore di studio in meno.

E mi sarei ricordato di più i concetti che ho studiato.

A tutti quelli che vogliono sapere tutto ma proprio tutto sul sonno, consiglio questo eccellente libro: Perché Dormiamo.

Come diventare creativo in 5 semplici passi

Questo articolo rientra nella categoria “se è così semplice, perché non lo fai tu?”

Io non sono una persona granché creativa, nella vita di tutti i giorni. Non per genetica: sono ancora fermamente convinto che sia la pratica deliberata a renderti eccellente in qualsiasi disciplina, dal basket alla creatività.

È che per diventare creativo, serve pratica. Non ci si gira intorno. Devi allenare la creatività come un muscolo per anni. E anche lì, ci sono diversi tipi di pratica che puoi fare e diversi tipi di creatività che puoi allenare.

Ad esempio, ci sono alcuni aspetti della mia vita in cui mi sento moderatamente creativo. Nel business, ad esempio. Perché essendo il mio lavoro, sia nelle mie aziende che per la (poca) consulenza che faccio ogni tanto, ho passato gli anni a farmi venire nuove idee. E quello che conta, a provarle una dietro l’altra.

Una cosa che puoi fare per essere più creativo, quello sì, è leggere e informarti il più possibile su tutto. Non necessariamente sulla tua professione.

Per questo a me piace leggere qualsiasi cosa, in qualsiasi argomento, e conoscere le basi di tutto. Ad esempio, in questo periodo sto leggendo l’autobiografia di un comandante di sottomarini nella seconda guerra mondiale.

A cosa mi potrà mai servire le tattiche dei sottomarini americani nella guerra del pacifico? Non lo so, ma tutto fa brodo.

Oltre al fatto di essere un libro interessante. Rimanere curioso e aperto verso il mondo non può che fare bene nella crescita personale di chiunque.

3 passi per ampliare la zona di comfort e vincere la vergogna

No.

Semplicemente no.

Spingersi in situazioni altamente imbarazzati ed essere coperti di ridicolo per ampliare la zona di comfort è un eccellente sistema per fallire.

Diventare più sicuri di sé è possibile, ma non associandolo a una forte sensazione negativa. In questo modo, si abbandonerà prima di vedere un qualsiasi risultato.

Vincere la vergogna significa, piano piano, rendersi conto che non c’è niente da temere. Non con rinforzo negativo, ma positivo.

Ossia con esperienze piacevoli leggermente al di fuori della zona di comfort. Fatto il primo semplice passo, se ne fa un altro.

Quello che conta è il processo: deve essere piacevole per creare un’abitudine che viene continuata nel tempo. È con le abitudini, con i piccoli passi quotidiani, che si raggiunge qualsiasi obiettivo, anche il più ambizioso. Non con questi tipi di shock.

Quindi ecco il nuovo consiglio: spingiti in una situazione leggermente al di fuori della zona di comfort, ma che sai di poter gestire. Ad esempio, vai in discoteca con gli amici ma prendi la tua macchina, così quando ti stufi puoi prendere e andartene. Fai quattro chiacchere senza pressione, poi torna a casa.

Le piccole vittorie aiutano.

Suggerimenti mentali

Non dico che non funzionino, non sono un esperto e non posso giudicare. Ma per le persone normali come me e te, non dovrebbero essere il focus di un’interazione con un’altra persona.

Vuoi convincere il tuo interlocutore di qualcosa? Puoi farlo. Le tecniche sono là fuori, esistono.

Ma a meno di non fare pratica per anni, la nostra concentrazione è limitata. Dobbiamo far andare avanti una conversazione, e allo stesso tempo pensare all’ipnosi e ai suggerimenti mentali. È troppo da giostrare in una conversazione, senza fare un sacco di pratica. Ci sono secondo me tecniche più efficaci.

Quello che faccio io se voglio convincere qualcuno:

  • Nel business: penso al beneficio per l’interlocutore. Poi parlo solo di come la soluzione che voglio vendere (ad esempio) sia un beneficio per lui / lei.
  • Nella vita personale: spesso non mi interessa una ceppa di ipnotizzare e persuadere qualcuno. Ma se capita l’eccezione, fare leva sulle emozioni è più efficace e semplice.

P.S. Abiuro e aborro anche i mega-paragrafi che scrivevo nei primi mesi (anni?) di vita del blog.

Il modello 4-3-2-1 per convincere

Questo è il classico “far dire di sì a una persona per 3 volte aumenta esponenzialmente le possibilità che dica di sì a quello che chiedete”.

A mia discolpa, ad oggi è anche un consiglio di business molto diffuso. Formatori ed esperti di persuasione ne parlano.

E sì, a volte può funzionare. Ma l’efficacia di questo metodo è circostanziale.

Da quando ho letto questo eccezionale libro sulla persuasione, mi sono reso conto che il sì non è necessariamente la risposta alla quale vuoi arrivare. A volte, fare una domanda la cui risposta è un secco “no” funziona mille volte meglio.

Con questo voglio dire che le verità assolute sono poche, soprattutto in un settore così complesso e fumoso come la persuasione. Ci sono tante eccezioni, casistiche, e sfumature di grigio.

Lumosity: una scorciatoia per diventare più intelligenti

Questa è semplice: studi indipendenti hanno dimostrato che Lumosity non aiuta a diventare più intelligenti.

L’azienda dietro a Lumosity ha anche ricevuto una multa di 2 milioni di dollari per pubblicità ingannevole.

Schermi LCD e insonnia: una relazione complicata

Nell’introduzione all’articolo, scrivo che gli schermi CRT in particolare sono dannosi per la salute e per gli occhi. In realtà, non ho trovato nessuna ricerca che dimostri questa tesi: gli schermi CRT non sono più dannosi o pericolosi degli LCD, né emettono quantità di radiazioni pericolose.

Cos’è la felicità e come raggiungerla? Una riflessione personale

Nell’articolo scrivo che “per essere felice basta fare quello che ti rende felice”, senza elaborare di più.

Per quanto sia ad oggi un grande sostenitore del rasoio di Occam, e complicarsi la vita è raramente la scelta giusta, c’è da considerare anche la propensità della nostra mente inconscia di cercare il piacere immediato a discapito di quello a lungo termine.

Ossia: mangiare una torta intera piuttosto che andare a correre.

Ma a lungo andare, questo comportamento porta al contrario della felicità. Porta alla depressione e alla rovina, nei casi più estremi.

Mangiare una torta intera e rotolare sul divano per entrare in coma per le prossime 6 ore mi stuzzica nel breve termine, ma diventare una palla di 300 kg mi porterebbe a depressione e infelicità.

La vera felicità, quella sostenibile a lungo termine, sta nell’avanzare poco a poco nei propri obiettivi sia personali che professionali. Non necessariamente nei piaceri immediati.

“Non necessariamente” non significa mai. A volte la fetta di torta ci sta, basta non abbuffarsi tutti i giorni. Andare a Gardaland invece che passare il fine settimana a lavorare in ufficio fa bene. Basta:

  1. Sapersi contenere nei piaceri immediati;
  2. Evitare che i piaceri immediati portino a gravi conseguenze nel futuro.

Per motivarsi a raggiungere questi obiettivi a lungo termine, restano validi i consigli di uno dei miei articoli preferiti di sempre su Mindcheats: spezzettare gli obiettivi.

5 modi per risparmiare con la psicologia

I prodotti più economici non sono necessariamente quelli con il miglior rapporto qualità / prezzo. A volte, sono quelli nella fascia media o medio-bassa. Esempio: la scarpa più economica che esiste, dopo due mesi è già da buttare via. Una che magari costa 20€ in più dura anni.

Io che lavoro nella tecnologia, sono ben consapevole che i componenti per PC (così come smartphone, tablet…) più economici costano poco meno della fascia appena superiore di qualità, ma meritano solo di passare direttamente dallo scaffale alla discarica.

Come usare i rumori per addormentarsi velocemente

Non molto dopo aver scritto questo articolo e aver creato i miei suoni per dormire bene, sono tornato a preferire il silenzio. Di gran lunga. Infatti i suoni per dormire bene li ho tolti dal mercato anni fa, perché ho smesso usarli io stesso.

Ora, se c’è del rumore, uso i tappi per le orecchie (proprio oggi mi sono arrivati questi qui e non vedo l’ora di provarli, le recensioni online sono ottime). E non tornerei mai indietro ai suoni per dormire bene.

Allontanare il sonno? Basta la musica giusta

Se hai così tanto sonno, e ti ti capita così frequentemente da andare a cercare una soluzione per NON dormire su internet, allora il problema è un altro: la carenza cronica di sonno.

Fatti un favore, vai a dormire. Quando ti sveglierai sarai molto più in grado di fare quell’attività che programmavi di fare da assonnato. Se sei troppo stanco, non otterrai nessuno risultato comunque.

Che emozioni suscitano i colori? Una guida pratica

La relazione fra emozioni e colori è più complessa di quanto faccio trapelare da questo articolo, e ancora oggi si stanno facendo ricerche. È probabile che la cultura della persona giochi un ruolo fondamentale, visto che colori diversi rappresentano cose diverse in culture diverse.

Questo articolo è una guida di massima, ma è un punto di partenza, non una teoria fatta e finta.

Perché dovresti svegliarti alle 6 di mattina

Sono anni che non mi sveglio più così presto.

Non sto dicendo che non ci siano benefici. Oggettivamente, sarebbe meglio per il mio ciclo circadiano andare a dormire presto e dormire 8 ore prima di svegliarmi alle 6 di mattina. Probabilmente sarei anche più produttivo.

Ma la vita non è così semplice.

A volte con la ragazza voglio vedere un film che finisce alle 11. A volte esco con gli amici. A volte gioco al PC dopo cena e perdo la cognizione del tempo.

E in questi casi, se non hai una certa flessibilità, rischi di fare più male che bene.

Andare a dormire un po’ più tardi, senza esagerare, aiuta ad essere più flessibili.

Perché in pochi al mondo si svegliano alle 6 di mattina. E se vuoi interagire con il resto della società, andare a dormire e svegliarsi sempre più o meno alla stessa ora è più importante che svegliarsi alle 6 di mattina.

Perché la crescita personale “all’americana” con te non funzionerà (per fortuna)

Fermo restando che la cultura è un soggetto complesso e senza regole fisse, e che io posso sempre sbagliarmi…

Quello che ho visto è che la cultura americana si sta europeizzando, e quella europea americanizzando.

Gli americani sono più disillusi che mai. Dall’altra, i corsi markettari all’americana stanno facendo un successo inaudito anche in Italia. Tutto fumo e niente arrosto. Quindi i contorni di queste due culture non sono più così definiti.

Senza contare che le culture non sono omogenee e definirle è un compito titanico, che poco si addice a un articolo di blog.

Il segreto del gallo: come alzarsi presto ed essere subito al 100%

La sveglia di cui parlo nell’articolo l’ho usata molto poco, e ora la trovo inutile e ridondante.

Vuoi svegliarti presto ogni giorno? Dormi con la tapparella alzata e svegliati con della luce naturale. Anche d’inverno, la maggior parte delle persone si svegliano quando già sta albeggiando. Svegliati con la luce naturale, magari con l’aiuto di una sveglia se ti serve, e ancora meglio fai due passi all’aperto prima di qualsiasi altra attività; utile specialmente se hai l’ufficio dentro casa come me.

Questa sveglia Philips la posso ancora consigliare solo a chi, per lavoro, si sveglia costantemente prima dell’alba.

Il manifesto della vita sana

Alla fine la maratona non l’ho mai corsa. Anzi, letture successive mi hanno portato a capire che in realtà, la maratona non è il picco della salute fisica.

42km di corsa sono tanti in uno sport così impattante. A meno di essere atleti professionisti, ho visto troppe persone rovinarsi caviglie e ginocchia perché “voglio raggiungere l’obiettivo di finire una maratona”.

La mezza maratona resta la distanza più salutare, il giusto compromesso fra massimo sforzo cardiocircolatorio e respiratorio, e la salute di articolazioni e tendini.

4 modi stupidi di sprecare il tuo tempo quest’estate (e 4 alternative sagge)

Per quanto abbrustolire in spiaggia e rave quotidiani continuino a non rientrare nei miei passatempi preferiti, persone diverse hanno preferenze diverse.

Ho visto un sacco di persone essere prese dai sensi di colpa per non sfruttare efficacemente ogni secondo della propria vita. Ma essere efficaci significa anche sapersi riposare e mollare ogni tanto.

Se l’obiettivo di tutto questo tram tram è essere più felici, allora l’ozio è importante. Non sempre. Ogni tanto.

Ho smesso di essere così estremista nel cercare di sfruttare ogni momento quando ho capito che dare consigli del genere facesse più male che bene: non dobbiamo sentirci in colpa per volerci rilassare. L’importante è non scivolare nella pigrizia cronica.

Perché dovresti leggere poco

Anche se condivido quasi tutto quello che ho scritto in questo articolo, mi sono in parte ricreduto sulla lettura.

Continuo a credere che l’azione sia molto più importante dello studio (detta regola aurea), e che molte persone continuano a leggere e studiare un argomento come scusa per evitare di mettersi in gioco e applicare quello che hanno imparato.

Questo è imperdonabile e blocca la tua crescita personale. Sempre.

Ma ho anche imparato a distinguere “leggere” da “studio”.

In molti libri, ci sono una o due perle di saggezza che vanno apprese. C’è poco da applicare, in questi libri. Sono più discorsivi e meno manualistici, con “tecniche da applicare”.

Per trovare quel libro che veramente merita di essere studiato e applicato al 100%, serve leggere tanto.

Io ascolto tanti audiolibri. Ma quando trovo un libro particolarmente interessante, lo ricompro su Kindle e me lo studio per poi metterlo in pratica. Intanto, leggo un altro libro.

I miei libri spaziano su vari argomenti, eccetto romanzi (che continuo a non leggere): astronomia, biologia, economia, eccetera. Ora sto finendo un libro sulla guerra del pacifico nella seconda guerra mondiale.

Leggere tanto aiuta la creatività, e aiuta ad avere una visione più completa del mondo che ti circonda e delle materie di tua competenza.

Quindi resta valido tutto quello che ho detto nell’articolo originale, con una precisazione: finché non ti blocca dall’azione, e quando incontri un libro veramente eccezionale ti fermi e lo studi (e applichi) al 100%, continuare a leggere tanto non può fare che bene.

27 Giugno 2018

Come praticare l’accettazione come forma di libertà interiore

Stefano Crescita personale 6 Comments

Questo articolo è un ottimo guest post di Valerio di Crescita Individuale.

Oggi ti voglio parlare della capacità di accettare fatti, eventi e circostanze fuori dal nostro controllo per uscire dalla prigione delle lamentele.

Ci sono cose che non possiamo controllare: banale vero?

C’è però qualcosa di meno banale che non tutti riescono a fare: accettare.

Non so tu, ma io, ogni giorno entro in contatto con persone che si lamentano di tutto e qualche volta anche io finisco per farlo.

In particolar modo, le persone che ho in mente in questo momento, non si lamentano di cose su cui hanno il controllo, ma di vicissitudini incontrollabili che volenti o nolenti dobbiamo accettare.

Non sento mai queste persone lamentarsi di essere grasse o di essere sporche.

Perché?

Perché possiamo porre rimedio a queste situazioni.

Se una persona ti dicesse di essere grassa, la risposta più ovvia sarebbe qualcosa come: “datti da fare per ritrovare la tua forma ideale”.

Se ci fai caso quindi, non ci lamentiamo più di tanto per queste cose, perché sappiamo che il nostro interlocutore ci darebbe una soluzione che non gradiamo. More

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4 Marzo 2018

I due tipi di pianificazione

Stefano Crescita personale 7 Comments

Nei primi anni di esistenza di Mindcheats, ero concentrato sul parlare di tecniche che usavo io, e che mi tornavano utili nella vita di tutti i giorni. Col passare del tempo, sono sempre più passato ad argomenti generali, meno concentrati sulle tecniche e sulla visione d’insieme della tua vita. Sul grande progetto.

Anche perché diverse tecniche di cui ho parlato, ora, non le uso più. Non faccio più il sonno polifasico, perché avere una giornata flessibile per me ora è più importante del dormire il meno possibile. Non uso più la lettura veloce se non in certi casi, perché leggo per rilassarmi e mi rilasso di più leggendo lentamente. Io, per dire, la tecnica del pomodoro non l’ho mai usata.

Con questo, non dico che queste tecniche siano sbagliate. Le ho usate, e mi hanno tutte date dei benefici tangibili. Per questo le ho consigliate sul blog, e ancora le consiglio alle persone che ne trarrebbero giovamento.

Ma è proprio questo il problema, che non tutte le tecniche vanno bene per tutti. Dipendono dalla persona. Per questo sono passato a parlare di strategie generali nel manuale anti-confusione. Sono concetti che funzionano per tutti. More

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13 Dicembre 2017

Il consiglio di lettura che nessuno ti darà mai

Stefano Crescita personale 3 Comments

Sono in diversi gruppi su Facebook in cui le persone chiedono consigli per libri da leggere. Non romanzi, ma manuali o guide.

Da quello che ho visto io sono l’unico a consigliare una categoria: i manuali universitari. Ma secondo me, dovrebbero essere tenuti maggiormente in considerazione anche fuori dall’ambiente curricolare.

Questo mi ha portato a chiedermi: perché vengono così tanto schifati, in favore di libri più divulgativi?

Per capirlo, prima dobbiamo fare una distinzione fra i due tipi di conoscenza che possiamo avere: la conoscenza generale e la conoscenza specifica. More

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29 Novembre 2017

I miei 4 software di produttività personale preferiti

Stefano Crescita personale 3 Comments

Io sono da sempre, e a questo punto credo sarò per sempre, una persona pigra.

Molti si vantano di lavorare tutto il giorno. In posti come Giappone o Cina, chi fa meno di 10 ore al giorno è uno scansafatiche. Anche qui in Italia c’è l’idea che più lavori, e più dovresti essere soddisfatto.

Per me funziona un po’ al contrario: meno lavoro, e più sono soddisfatto.

Con però un asterisco: devo comunque terminare i compiti che mi ero prefisso per la giornata. Quindi non mi misuro in base alla quantità di ore che lavoro, ma ai risultati che produco.

E se posso produrre lo stesso risultato lavorando di meno, tanto meglio!

Per questo uso una serie di software per rendere il mio lavoro più veloce: ecco quali sono.

1 – Google Suite

Una volta usavo Evernote, poi il loro editor di testo ha iniziato a starmi sulle scatole e ho provato Google Docs. Ora sono un fan sfegatato della suite di produttività di Google. Certo non è perfetto e ci sono cose che mi infastidiscono (tipo l’impossibilità di aggiungere nuovi indirizzi email personalizzati senza pagare), ma siamo anni avanti rispetto ai concorrenti.

Con soli 5€ al mese, ho una lista interminabile di servizi che uso tutti i giorni:

Gmail

Di gran lunga il miglior client di posta che abbia mai provato. Usavo Mailbird fino a qualche mese fa, che ha dalla sua una fantastica gestione delle scorciatoie da tastiera (idilliache quando hai tante email), ma Gmail vince per tutto il resto.

Interfaccia pulita e veloce, tante opzioni, zero pubblicità invasiva e una discreta quantità di scorciatoie da tastiera. In più esistono filtri, cartelle e tag, che danno una flessibilità assurda. E ovviamente, la funzione di ricerca è la migliore che esista.

Docs

Tipo Microsoft Office, ma più snello, in cloud, e gratuito. Per quando devo scrivere dei testi lunghi, è il meglio. In più posso condividere con un click file singoli o intere cartelle con i miei collaboratori.

Ottimo per la produttività perché è più flessibile di Excel, e con la sincronizzazione posso lavorare su tutti i miei PC senza dovermi portare in giro chiavette USB varie.

Drive

Integrato con Docs, è un clone di Dropbox. Tutti e due ottimi, forse Dropbox vince nella condivisione dei file, ma Drive è superiore per la sua interfaccia web intuitiva e veloce. Uso anche Dropbox (più che altro per le cose personali), ma per lavoro solo Drive.

Ottimo per la produttività perché posso condividere i file e sincronizzarli con tutti i miei computer. E si integra nativamente con Android.

Calendar

Google Calendar è il mio calendario. Io sono uno che si dimentica tutto, sempre. Quindi senza di quello sono perduto.

Esistono estensioni di Chrome per gestire Calendar direttamente dal browser, che lo rendono ancora più comodo. La possibilità di invitare persone, condividere il calendario e impostare reminder via notifica o email mi danno tutto quello che mi serve.

Utile anche per far sapere che, se qualcuno vuole un appuntamento con me, deve incastrarsi dentro al calendario (evita le distrazioni inopportune).

Keep

Un taccuino virtuale. Io carta e penna non li uso quasi mai, e tutto passa attraverso il computer. Se mi devo prendere appunti veloci, Keep è perfetto e immediato. Un po’ una schifezza la gestione delle etichette, ma ci si passa sopra.

Ottimo per la produttività perché mi serve uno strumento semplice e veloce per prendere appunti quando magari sono in giro sul telefono, e poi ritrovarmeli sincronizzati sul PC.

Hangouts

Da quando Microsoft ha comprato Skype, ha iniziato a fare sempre più schifo. Quindi sto cercando di convincere tutti a usare Hangouts. Fa le stesse cose, ma le fa meglio è ha una bella app su Android (seriamente Microsoft, provaci almeno a svilupparla un’app semi-decente). E ha un’interfaccia migliore. E una qualità della chiamata migliore. Insomma siamo su un altro pianeta.

2 – Boomerang

Boomerang è un’estensione per Gmail che si installa tramite plugin per Chrome, è gratuito per sempre nella sua versione base, altrimenti costa qualche euro al mese.

Principalmente, fa 2 cose:

  1. Permette di scrivere un’email adesso, e programmarla per l’invio automatico in una data futura. Ottima per mandare email di lavoro all’ora giusta e far sì che vengano viste subito (o per non far capire che lavoro anche il fine settimana).
  2. Mettere in pausa la posta in arrivo, per non essere disturbati.

La seconda è particolarmente interessante per la produttività.

Un sacco di persone che conosco hanno sempre la tab aperta delle email, perché magari devono scriverne tante. Ma quando ne ricevono una, si distraggono per leggerla. Bloccando la ricezione di nuove email invece, non si corre questo rischio.

E per evitare tutte le email di pubblicità, esiste unroll.me.

3 – Lastpass

Io adoro Lastpass, perché è l’unico sistema per avere una parvenza di sicurezza informatica senza dover uscire di testa.

Una delle leggi base della sicurezza su internet è: usa sempre password diverse per ogni account che crei.

La password per la mia banca è diversa da quella di Paypal, che è diversa da quella dell’admin di Mindcheats, che è diversa da quella di Facebook e via così. E sono tutte password piene di caratteri casuali, quasi impossibili da ricordare.

Con Lastpass mi devo ricordare solo una password, quella per accedere al software. E sarà Lastpass poi a ricordarsi le pass dei vari servizi. E con il plugin per Chrome o Firefox, addirittura mi completa lui i campi password e fa login in automatico.

È sicuro, al contrario di quello che potresti pensare, perché usa una cifratura SSL per tutte le password oltre che 2FA, quindi sono in una botte di ferro.

Ancora una volta, la chiave che rende Lastpass grandioso è il cloud. Salvo una password sul computer, e ce l’ho pure sul telefono e sul portatile.

4 – Xmind

Chi ha letto il famigerato Manuale anti-confusione, sa che per realizzare un grosso obiettivo bisogna spezzettarlo.

La mappa mentale è uno strumento utile per avere sempre sotto mano il tuo piano al ungo termine, e tutti i sotto-obiettivi che devi completare per realizzarlo. Il miglior software che conosco per le mappe mentali, senza pagare, è Xmind.

Quando inizio un nuovo progetto e mi accorgo che sarà qualcosa di complesso, apro una nuova mappa Xmind e inizio a buttare giù tutto quello che mi viene in mente. Poi, quando la programmazione è finita, inizio dal fondo e mi metto a lavorare.

Avere una mappa chiara è molto utile per la produttività personale, perché io mi trovo spesso a dire: “e ora che faccio?” Oltre che ad essere demotivato dalla mancanza di una struttura, di un qualcosa che mi faccia capire quanti progressi ho fatto.

Un’alternativa per chi ha un intero team da gestire è Asana, anche quello gratuito nella versione di base, e il mio preferito fra i concorrenti.

I grandi esclusi

Da questa lista mancano i software di produttività classici per bloccare le distrazioni (a parte Boomerang), tipo le app che bloccano Facebook, e i software tipo tecnica del pomodoro. Perché?

Perché non mi servono.

Non mi serve un’app che blocca Facebook, perché quando lavoro non sento il bisogno di controllarlo. Chiudo la tab, e vado avanti a lavorare. E il telefono non lo guardo mai.

App stile tecnica del pomodoro invece, non le uso. Perché non uso la tecnica del pomodoro (con me non funziona granché).

In generale, non sono un grande fan delle app per fare questo e fare quello. Io uso il computer da sempre e lo uso tanto, ma ciò nonostante, uso molte meno app e software di produttività della maggior parte delle persone che si interessano di crescita personale.

Questo perché io sono convinto che non servano, che siano solo un modo per nascondere un problema più grande. Se hai sempre la tentazione di guardare Facebook, piuttosto che bloccarlo durante le ore di lavoro, chiediti perché non sei abbastanza motivato da concentrarti su quello che stai facendo anche solo per qualche ora.

Inizia a fare una dieta mediatica, a toglierti dai social (non per sempre). Impara ad autocontrollarti per conto tuo, senza blocchi fisici. Così alleni anche la tua forza di volontà.

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15 Novembre 2017

3 peculiari filosofie di vita che ti consiglio di seguire

Stefano Crescita personale 6 Comments

Li conosciamo tutti i classici mantra per vivere bene, per essere sereni e più felici. Sono sempre gli stessi, e si sentono ripetere fino alla morte.

Oggi voglio fare qualcosa di diverso.

Voglio parlare delle tre filosofie, o mantra, che più influenzano il mio modo di pensare. Ma bada bene, non sono i classici pensieri positivi che si trovano sui blog di PNL. Queste tre, probabilmente, non le hai mai sentite…

1 – E sticazzi?

La prima filosofia è quella in cui ancora un po’ fatico, ma nel continuare a seguirla sto piano piano diventando una persona migliore.

Questa filosofia prevede di rispondere con un sonoro “e sticazzi?” agli avvenimenti esterni, quando gli altri si disperano.

  • “Stefano hai visto? Kim Jong Un sta testando le bombe atomiche!” “E sticazzi?”
  • “No Stefano non ci crederai, ho letto questo articolo su quanto rubano in parlamento!” “E sticazzi?”
  • “Stefano hai visto sul TG di Tizio che ha ucciso Caio? Ma in che mondo viviamo?” “E sticazzi?”
  • “L’Italia non andrà ai mondiali!” “E sticazzi?”

I semi di questo mio mantra sono stati posti nel 2010, pochi mesi dopo aver fondato Mindcheats. Mi sono trasferito a studiare a Riga, Lettonia, e l’appartamento non aveva la TV (e sarebbe comunque stata in lettone).

Lì, per la prima volta, ho capito che si vive meglio senza stare attaccati alla notizie di cronaca e politica. Prima ero un irrimediabile affamato di telegiornali, dibattiti politici, e tutta quella roba lì. Quando ho capito che era inutile e mi stava solo erodendo il fegato, ho smesso.

Perché alla fine, cosa me ne frega a me?

Come cambia il mondo se seguo la politica? In nessun modo.

Diciamo che guardo 2 TG al giorno, quindi un’ora di tempo. Sei giorni a settimana sono sei ore. Se quelle sei ore a settimana invece le dedico a fare volontariato, non è meglio? Non contribuisco di più a migliorare la società?

Per questo ho già detto di non seguire i TG, né di votare.

La filosofia dello sticazzi significa farsi scivolare addosso le cose. Perché i grandi cambiamenti sono un’illusione: tranne eccezioni più uniche che rare, non esistono eventi singoli in grado di cambiarti la vita.

O sono eventi che ingigantisci, ma in realtà non avranno grandi ripercussioni, oppure sono la “goccia che fa traboccare il vaso”. Quindi il culmine di una serie di piccoli accadimenti senza i quali non sarebbe successo niente.

Per questo ho smesso di preoccuparmi di grandi eventi catastrofici, perché ho capito che in realtà non sono così eclatanti come potresti credere all’inizio. E ho smesso di preoccuparmi delle piccole cose, perché sono talmente insignificanti che non vale nemmeno la pena di spenderci un pensiero.

Oltre a un “e sticazzi?”, si intende.

2 – Fai quello che vuoi

Questa è un’estensione del mantra di sopra, ma ha uno speciale posto nel mio cuore.

Anche perché se più persone la seguissero, il mondo sarebbe un posto migliore.

Il fatto è che come ho già detto, io su molte cose non ho un’opinione.

Una delle frasi che ripeto più spesso quando parlo di me è:

Fai un po’ quello che vuoi, basta che non rompi le scatole.

Se uno ci pensasse per più di mezzo secondo, capirebbe subito che è una cosa ovvia. Purtroppo molti non la pensano così (perché non ci hanno pensato per più di mezzo secondo).

L’esempio che uso più spesso per spiegare questa filosofia è quello delle coppie gay. Sono a favore, o sono contrario? Boh, uno potrà anche fare quello che vuole finché non viene a rompere le scatole a me, o no?

Stessa cosa nella religione. Se qualcuno vuole credere nelle fate piuttosto che in Cthulhu, è libero di farlo e a me non tange.

Il fatto è che io già ho i miei problemi e le mie preoccupazioni a cui pensare. Preferisco spendere le mie energie mentali a pensare a delle cose che influenzano la mia vita, piuttosto che congetturare su quello che fanno gli altri nella loro vita privata.

Anche perché mi piacerebbe che gli altri adottassero la stessa filosofia con me.

Smettere di pensare a quello che dicono e fanno gli altri ti libererà da una grossa fonte di negatività dalla tua vita.

Perché ho visto persone rovinarsi il fegato a forza di pensare a quanto sia sbagliato quello che fanno gli altri (vedi appunto l’esempio delle coppie gay). Alla fine, se non cambia niente in ogni caso, perché dovresti pensarci?

Ma forse lo riassume nel modo migliore il canale Youtube Scottecs:

Soprattutto la frase:

“Odio la gente che si diverte, dovrebbero fare tutti come me e al posto di divertirsi lamentarsi della gente che si diverte!”

Diciamocelo, quanta gente conosci che invece di divertirsi si lamenta della gente che si diverte? Ti starà sicuramente venendo in mente qualche nome.

3 – Vediamo…

Nell’ambito delle consulenze di marketing, che fanno parte del mio lavoro, sono conosciuto come “quello che dice sempre dipende”.

Perché mentre altri consulenti dispensano consigli bollandoli come “sempre efficaci”, come se avessero la sfera di cristallo, io la penso diversamente.

Ci sono strategie che funzionano in certe situazioni, in altre no. A seconda del tipo di azienda, della sua situazione e mille altri fattori, valgono certi consigli piuttosto che altri.

Questo viene dalla mia filosofia personale, dove penso che non si possa mai sapere a priori cosa possa funzionare e cosa no, cosa piaccia fare e cosa no.

Per questo, quando sono in dubbio, io provo e vedo cosa succede. Sono uno sperimentatore in tutto. Sia che creda sia che non creda a qualcosa, se posso, prima di formarmi un’opinione lo provo.

Così ho fatto con il sonno polifasico, ad esempio. Avevo trovato questa cosa interessante in rete, e l’ho provata.

Quando c’è da fare nuove esperienze, io sono sempre in prima linea. Perché le nuove esperienze mi arricchiscono, e mi fanno conoscere qualcosa di nuovo.

Sono consapevole della mia ignoranza, del fatto che non conosco tutto. Il modo migliore per conoscere sempre un po’ di più il mondo è di avere la mente aperta, sperimentare, e solo dopo trarre le proprie conclusioni.

Non solo sono uno sperimentatore, ma sono anche un uomo d’azione. Teorizzare va bene, ma fino a un certo punto. Prima o poi, le cose le devi provare. Quindi io spesso non sto inutilmente a ragionare su qualcosa, la provo e poi giudico.

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8 Novembre 2017

Come usare Facebook intelligentemente

Stefano Crescita personale 1 Comment

Da quanto ho aperto il mio account nel 2010, ho visto di tutto passare su Facebook. E ho visto persone di ogni genere.

Alcuni, lo vivono in maniera ossessiva. Già più volte mi è capitato di uscire al bar, e vedere qualcuno che nel bel mezzo di una birra si attacca a Facebook dal cellulare per controllare gli aggiornamenti.

Dall’altra parte, ho visto i radicali anti-social.

Che attenzione, non sono persone che non hanno Facebook o altro. Quelle sono scelte personali. Ma persone che pensano che nessuno debba usare i social. Queste persone hanno un rapporto malato con i social, tanto quanto quelle del primo gruppo.

Ma visto che ormai Facebook è parte integrante della vita di molti di noi, mi sembra doveroso un articolo in cui spiego come, secondo me, debbano essere usati i social in generale.

Facebook è malvagio?

Iniziamo dalle basi, chiedendoci? Facebook è malvagio?

La ripsota più logica è di associare Facebook a un oggetto. Un coltello è malvagio? Di per sé no, anche se accoltella una persona. In quel caso non è il coltello ad essere malvagio, ma la persona che ne fa uso.

Allo stesso modo, se stai perdendo la vita davanti a Facebook la colpa non è di Facebook, è tua. Non ha senso arrabbiarsi con il buon Zuckerberg, maledire la sua creazione e cancellare il proprio account. Se non cambi tu come persona, troverai un altro modo per buttare le ore. Chessò, Travian.

E così come un coltello, anche Facebook si può usare nel modo giusto.

Ma ci sono anche le persone che vedono Facebook come il male assoluto non per la perdita di tempo che lo accompagna, ma per problemi di privacy vari. Con sistemi che stanno a spiare cosa fai.

Queste teorie sono prive di fondamento.

La preoccupazione di alcuni è che Facebook raccolga informazioni personali per rivenderle alle agenzie pubblicitarie, e creare pubblicità mirate. O addirittura, che Facebook sia un complesso sistema di spionaggio.

Partiamo dalla seconda, che è al limite del complottismo.

Se fossi Bill Gates, potresti avere la buona certezza che ci sono persone là fuori che pagherebbero un sacco di soldi per sapere cosa fai sul tuo computer. O se fossi, chessò, uno dei leader dell’ISIS.

Ma se io sono solo Stefano Mini, una persona fra tante con una vita normale, chi si prenderebbe la briga di spiarmi? Di monitorare tutte le mie attività, e creare un profilo governativo occulto su di me? Per farsene cosa? È una cosa senza senso, quindi non c’è da preoccuparsene.

Privacy e pubblicità su Facebook

D’altra parte sì, Facebook raccoglie dati personali e usa le tue interazioni con il sito per creare un profilo su di te che rivenderà agli inserzionisti. Non è un segreto, è risaputo.

Ora, io per lavoro mi trovo spesso a fare campagne pubblicitarie anche grosse su Facebook, quindi negli anni ho imparato come funziona. E te lo posso assicurare, non c’è niente di cui preoccuparsi.

In pratica, in base alle interazioni che hai sul sito di Facebook, un algoritmo matematico cerca di capire le tue preferenze. Se metti “mi piace” a 10 pagine che parlano di crescita personale, Facebook intuirà che ti piace la crescita personale.

Se a un certo punto un inserzionista ha un prodotto per “avere successo nella vita” ed “essere la migliore persona che puoi essere”, sa che le persone appassionate di crescita personale sono quelle che con più probabilità acquisteranno il mio corso.

Quindi va da Facebook e gli dice “ecco 1000€, manda questa pubblicità alle persone a cui interessa la crescita personale”.

Ora, ci sono due punti fondamentali:

  1. Questi “interessi” vengono determinati da un algoritmo matematico, non c’è un omino che si mette lì a guardare a cosa hai messo mi piace e decide cosa ti interessa e cosa no.
  2. Nessuno può sapere chi è interessato a cosa. L’inserzionista può sapere che in Italia ci sono 1,2 milioni di persone interessate alla crescita personale, ma in nessun caso può risalire ai loro nomi o altri dati sensibili.

Personalmente, non ci vedo niente di male. Permette a Facebook di mandare pubblicità più inerente ai miei interessi, che alla fine è anche piacevole (anche se spesso Facebook fa cilecca nel capire cosa mi piace).

Sono partito un po’ per la tangente qui, ma ho voluto parlare di un aspetto che ha sollevato molta controversia in passato.

Gli utilizzi positivi di Facebook

Quindi, se abbiamo capito che Facebook di per sé non è cattivo, andiamo a vedere quali siano gli aspetti positivi dell’usare il social network.

1 – Rimanere in contatto con le persone

L’umanità da sempre ha avuto paura delle novità.

Quando è stato inventato il disco in vinile, i grandi pensatori hanno detto che avrebbe distrutto l’unicità e l’emozione della musica dal vivo. Quando è stata inventata la stampa, i filosofi pensavano che avrebbe distrutto la cultura perché “le parole che si possono stampare senza un lungo lavoro vengono scritte senza pensare”. Quando è uscita la radio, gli psicologi pensavano che avrebbe alienato i bambini dai loro genitori.

E da quando è uscito Facebook, tutti a dire che sta aliendo le persone dalla realtà. È sempre la solita storia, ma non è altro che un sistema per comunicare.

Prima di Facebook, esistevano gli SMS, le chat, le email. Prima ancora il telefono. Ora le persone si tengono in contatto con Facebook, che è più veloce, flessibile e pratico (e gratuito).

Io vivo in Spagna e ho ancora molti amici in Italia. C’è what’s app che funziona bene, ma più spesso ci parlo via Facebook. E mi tengo al corrente di quello che sta succedendo, per quelli che pubblicano aggiornamenti.

Cosa c’è di male in questo?

2 – Svagarsi

C’è una bella differenza fra il rilassarsi su Facebook, e il farsi condizionare la vita da quella bacheca.

Io qualche volta al giorno, quando mi sto rilassando, magari scelgo di dare un’occhiata veloce a Facebook. Scorro un attimo la bacheca, rispondo ai messaggi, do un’occhiata alle pagine che seguo e cose così.

La cosa importante è che uno, lo faccio solo qualche volta al giorno per qualche minuto alla volta, quando mi sto rilassando per i fatti miei.

E due, non sento l’impulso ossessivo di leggere gli aggiornamenti anche mentre sto facendo altro. Ad esempio, sono a cena fuori.

Il classico esempio che faccio è quando vado a lavorare volontario in fattoria d’inverno, dove magari passo settimane senza guardare Facebook. Semplicemente perché ho di meglio da fare.

Come si usa Facebook intelligentemente?

La differenza fra un uso intelligente di Facebook e uno irresponsabile sta proprio qui, nel non farlo diventare una dipendenza.

Usalo per uno scopo. Per me, questo scopo può essere di rimanere in contatto con i miei amici in Italia. O rilassarmi qualche minuto prima di tornare al lavoro, o fare due risate nei gruppi e sulle pagine che seguo. O nel mio caso, anche per lavoro.

Ma quando Facebook diventa una dipendenza, allora c’è qualcosa che non va. Lo stai usando in maniera irresponsabile, e dovresti fermarti e riflettere.

I campanelli d’allarme sono:

  • Ti trovi su Facebook solo per perdere tempo, a rileggere aggiornamenti già visti.
  • Quando non guardi la bacheca per troppo tempo senti l’irrefrenabile bisogno di controllarla, anche se stai facendo un’altra attività.
  • Anche nella vita reale, le conversazioni che fai tendono sempre a parare su quello che altri fanno o dicono su Facebook (pettegolezzo facilitato dai social).

Questi sono sintomi di una dipendenza vera e propria. E così come ogni dipendenza, non è salutare.

In questo caso ne perdi in salute mentale, in energia, in risorse, e in tempo. Allora sì che Facebook diventa lo strumento del demonio, che distorce la realtà e ti aliena dalla società. Ma sei tu che l’hai permesso, e dovresti dare unicamente a te stesso la colpa.

Non c’è niente di male nel svagarsi. Il momento di svago, per definizione, lo puoi usare come vuoi tu. Non credo in tutta quella moda del rendere lo svago produttivo. Tranne che per una percentuale insignificante di persone, nessuno può essere produttivo al 100% sempre. Lo svago è svago, punto. Basta sapergli porre dei paletti temporali.

Io guardo film, ascolto musica, leggo fumetti vari e libri poco impegnati, gioco ai videogiochi. Se fra queste attività ci butto anche controllare Facebook, poco male. Tanto è svago.

L’importante è che tutte queste attività di svago siano delle pause per recuperare le energie dal lavoro e dalla produttività. Se iniziano ad assorbire la tua vita non importa che si tratti di un romanzo o di Candy Ninja Birds, è comunque un problema.

Come risolvere la dipendenza da Facebook

Ma anche se sei dipendente da Facebook, la soluzione non è di cancellare l’app dal telefono ed eliminare il tuo account. Quella è una soluzione temporanea, ma non a lungo termine. Come ho detto, se non sistemi il problema di fondo, sostituirai Facebook con altro.

Quindi, qual è la ragione per la quale le persone si fanno prendere da Facebook a tal punto da farlo diventare una dipendenza?

La ragione principale è il non avere niente da fare. La noia. L’essere senza un obiettivo e una forza motivante ci porta verso lo stato umano di base della pigrizia. Che a volte gravita verso la TV, altre verso Facebook. Ma è la stessa cosa.

Quello che consiglio io è sempre di partire dal manuale anti-confusione a questo indirizzo, se sei una persona che non sa cosa vuole fare nel proprio futuro.

(Sì, questo manuale lo tiro fuori in metà degli articoli che scrivo, ma lo faccio proprio perché è il punto di partenza di qualsiasi percorso di crescita personale efficace)

Perché se stai leggendo questo articolo, ci sono buone probabilità che in questo momento sei insoddisfatto dalla vita che conduci, e vuoi migliorare in qualche aspetto. E se vuoi migliorare, avere un piano che ti motivi e non ti faccia girare in tondo è il miglior punto di partenza.

Quindi, per riassumere, esiste un modo di usare Facebook intelligentemente: con moderazione.

Vederlo per quello che è: un ottimo strumento per tenersi in contatto con gli altri, e un modo per svagarsi nei momenti di svago che hai. Momenti che devono essere ben definiti e limitati, a prescindere dal mezzo utilizzato.

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1 Novembre 2017

I 3 tipi di esperienze che possiamo fare

Stefano Crescita personale 4 Comments

Anni fa, su questo libro, ho letto che l’autore divideva le sue esperienze in tre categorie:

  • Belle da fare e belle da raccontare.
  • Brutte da fare e belle da raccontare.
  • Brutte da fare e brutte da raccontare.

Nel suo caso ha ristretto l’applicazione di queste categorie a escursioni e trekking, ma in questi anni mi sono accorto che valgono per tutte le nostre esperienze. Andiamo a vederle.

I 3 tipi di esperienze

1 – Belle da fare e belle da raccontare

Possiamo mettere la maggior parte delle esperienze che fai in questa categoria. Sono quelle dentro alla zona di comfort.

La caratteristica principale di queste esperienze è che non richiedono fatica, le fai senza testare i tuoi limiti.

E per questo, non ti fanno crescere.

Non c’è niente di male nelle esperienze belle da fare e belle da raccontare, dovrebbero essere le più comuni nella tua vita. Ma non dovrebbero essere le uniche.

Se pensi alla maggior parte delle cose che fai in una giornata standard, rientrano in questa categoria. Fai colazione, vai al lavoro, guardi la TV, vai a calcetto con gli amici… Eccetera eccetera.

2 – Brutte da fare e belle da raccontare

Queste sono le esperienze che vanno fuori dalla tua zona di comfort. Ti spingono al limite, testano le tue capacità.

Queste esperienze sono brutte da fare perché diciamocelo, non è mai bello uscire dalla zona di comfort. Lo fai perché sai di ottenere qualche beneficio futuro, ma a parità di altre condizioni, ne faresti anche a meno.

Al contrario della prima categoria, non è immediato capire cosa siano queste esperienze. Cosa significa che sono brutte da fare ma belle da raccontare?

Il libro in cui ho letto questa teoria parlava ad esempio di trekking di più giorni, molto lunghi con decine di chilometri da percorrere ogni giorno. Non sono esperienze belle da fare: ci si fa male, si suda, si fa una fatica immonda. Te ne stai per giorni senza il tuo smartphone, al freddo o sotto l’acqua, in mezzo alle zanzare. E oggettivamente, sul divano si sta meglio.

Ma quando torni a casa e racconti la tua avventura gli amici, lo fai con un sorriso stampato sul viso. È la classica esperienza che ti fa dire “sì, ne è valsa la pena”. E dopo un po’, pensi che non sarebbe male rifare una cosa del genere.

Per me, è successo quando ho partecipato alla Rovaniemi 150. Altri partecipanti potranno negare anche fino alla morte, ma dai, fare una gara a piedi di 150 km d’inverno al polo nord non è come fare una passeggiata nel parco. Soprattutto se, come è capitato a me, nevica dall’inizio alla fine…

Ma di questa esperienza ne parlo volentieri, e con gioia. Mi sono divertito a guardare i paesaggi boschivi innevati, scovare impronte di lupo sul sentiero, attraversare interi laghi ghiacciati. È stato faticoso, ma ne è valsa la pena.

Questo principio lo si può applicare ogni volta che esci dalla tua zona di comfort. Fai qualcosa che ti spinge al limite, oltre il tuo limite, e per questo ne esci una persona migliore. E a conti fatti, tutto sommato, guardandoti indietro le rifaresti.

Queste sono quelle che a volte vengono dette “esperienze potenzianti”. Esperienze che ti caricano, ti rendono una persona migliore, e rendono la tua vita più interessante. A ben vedere, sono la chiave per la felicità a lungo termine. Perché una persona, per essere felice, deve sempre superare i propri limiti e mettersi in gioco.

3 – Brutte da fare e brutte da raccontare

Questi sono gli errori. Esperienze che sarebbero dovute rientrare nella seconda categoria, ma qualcosa è andato storto.

“Si impara sempre dagli errori”, dice il detto. Secondo me, è solo una magra consolazione. È vero, ma è meglio non farne di errori.

A volte ti capiterà di fare degli sbagli. Valutazioni sbagliate delle tue capacità, di un’iniziativa che intraprendi, di un lavoro che non ti piace.

L’obiettivo è minimizzare queste esperienze, perché sono quelle che peggiorano la tua vita. Mentre la prima categoria è quella neutra e la seconda è composta da esperienze motivanti e potenzianti, queste sono le esperienze negative.

Restando nel trekking, questo mi è capitato quando una volta mi sono perso in una montagna qui vicino per ore, allungando il trekking ben al di là di quello che la mia scorta d’acqua avrebbe consentito.

Sarebbe dovuta essere un’esperienza bella da raccontare, invece a causa di un mio errore è una di quelle cose di cui non parlo volentieri.

Queste esperienze si dividono in due sotto-categorie: singole e croniche.

Esperienze singole

Queste sono quelle di cui abbiamo parlato finora: è qualcosa che fai, o che succede, che non ti piace né al momento né quando la racconti. Sono cose negative che capitano, e per quanto spiacevoli, tutto quello che puoi fare è imparare dai tuoi errori.

Ma le esperienze più pericolose sono quelle croniche…

Esperienze croniche

Queste sono brutte esperienze che fai regolarmente. Esempi?

  • Un lavoro che non ti piace.
  • Relazioni tossiche.

Sono le cose che dovresti smettere di fare.

C’è qualcosa che ti fa stare male? Qualcosa che non ti piace, ma che è diventata parte integrante della tua vita? Se fa parte di questa categoria, cerca di eliminarla.

Lo so che a questo punto molti diranno “eh, più facile dirlo che farlo”. Da una parte è vero, dall’altra difficile non significa impossibile.

Il fatto è che queste situazioni di disagio cronico prima o poi arrivano a tutti. Perché facciamo degli errori, perché la vita a volte va così. Non possiamo sempre vincere.

Se non ti purifichi da queste esperienze negative croniche, non faranno che accumularsi. Quindi inizi con qualcosina che non va, e fra qualche anno ti ritrovi con un poco invidiabile bagaglio di negatività.

Come bilanciare i tre tipi di esperienze

Ora che abbiamo ben chiaro cosa siano i tre tipi di esperienze, vediamo come bilanciarle per avere una vita il più possibile equilibrata.

Potresti pensare, dopo aver letto la prima parte, che dovresti cercare di avere solo esperienze della seconda categoria: brutte da fare, ma belle da raccontare. Invece no.

Perché per definizione, queste esperienze non sono rilassanti. Ti drenano, ti stancano. Almeno ogni tanto, devi fermarti per apprezzare quello che hai fatto finora e quanto sei cresciuto. Apprezzare i frutti del tuo lavoro.

Per questo, la maggior parte delle tue esperienze è giusto che siano nella prima categoria: cosa c’è di male nel fare cose che ti piacciono?

Visto che le esperienze che vanno al di là della tua zona di comfort sono stancanti, devi prepararti a farle sia fisicamente che psicologicamente (soprattutto). Per riprendere l’esempio del trekking, io non vado a fare escursioni da 150 chilometri ogni settimana. Quando torno voglio avere un attimo di pausa, e così dovrebbe essere anche per te.

Cerca di muoverti sempre verso un’avventura fuori dalla tua zona di comfort, che ti spinga a dare qualcosa di più. Ma non farne più di una alla volta.

Le esperienze della terza categoria, invece, devi riconoscere e imparare ad evitarle. Idealmente, dovresti usare le esperienze della seconda categoria per crescere, migliorare, e uscire da situazioni di dolore cronico.

Esempi:

  • Andare a fare un colloquio di lavoro.
  • Provare a creare un nuovo gruppo di amici, o parlare alla ragazza che ti piace.
  • Iniziare ad andare in palestra per tornare in forma.

Questi sono i tuoi obiettivi.

Perché una cosa che devi sapere, è che spesso crescere è faticoso, è un’esperienza brutta da fare. Andare fuori dalla zona di comfort e cercare di superare i propri limiti, con la paura di fallire, causa un sacco di stress. Solo quando ti guardi indietro scopri che è stata un’esperienza positiva.

E prima ti rendi conto di questo fenomeno, prima sarai in grado di pianificare meglio il tuo futuro per il lungo termine.

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23 Ottobre 2017

Come diventare più ricco (o vivere meglio)

Stefano risparmiare 12 Comments

Come definiamo la ricchezza?

E non intendo ricchezza interiore. Intendo proprio l’essere pieno di soldi. Il potersi comprare tutto.

Secondo me, non esiste un numero preciso. Dipende dalle persone.

Per me ricchezza materiale significa semplicemente: poter comprare tutto quello che si vuole.

Ma attenzione, questa definizione è più insidiosa di quello che sembra. Perché la chiave di lettura sta nell’ultima parte: “tutto quello che si vuole”.

Per i più veniali, potrebbe essere scontato dire “beh, voglio tutto!” Mi prendo la villa il Costa Azzurra, e il loft a New York, e lo yacht da 80 metri, e la Lamborghini…

Ma se la pensi così, non sarai mai ricco. Visto che:

  • Ci sarà sempre qualcosa che non puoi permetterti, perché
  • Ci sarà sempre qualcuno più ricco di te.

Il coefficiente di ricchezza

Visto che mi piace la matematica, ho pensato al “coefficiente di ricchezza” per valutare la vera ricchezza di una persona relativa a quello che si può permettere.

La formula è:

[Quello che posso spendere] / [quello che voglio comprare]

Se il numero è superiore a 1, posso permettermi tutto quello che voglio comprare, e i soldi non sono un problema. Ma se è inferiore a 1, allora dovrò tirare la cinghia da qualche parte.

Ad esempio, diciamo che fra una cosa e l’altra, posso permettermi di spendere 10.000 euro (perché è quello che ho in banca). Ma se, mettendo insieme tutte le cose che voglio comprare in questo momento, arrivo a 13.000 euro, allora ho un coefficiente di 0,77: non mi posso permettere tutto quello che voglio.

Ora, sono il primo ad essere consapevole che la vita reale è più complessa di una semplice divisione, ma volevo farti capire il concetto per poi passare alla parte succosa dell’articolo. Ossia…

Come essere più ricco

Per essere più ricco, non devi necessariamente avere più soldi.

Come vedi, puoi agire su due parametri: quello che puoi spendere, e quello che vuoi comprare. Se puoi spendere di più (hai più soldi), sei più ricco. Ma allo stesso modo, se impari ad accontentarti di meno, sei più ricco anche a parità di stipendio.

E sì, questo significa che una persona con meno soldi può essere più ricca di una persona con più soldi. Basta che la prima impari a vivere bene senza farsi condizionare dal denaro e dai beni materiali.

Qui devo fare un’importante premessa.

La società basata sul denaro

Non sono qui a dire che i soldi non siano importanti, perché non è vero.

Al di la delle belle parole, e al massimo un “mi piace” su Facebook per la storia del tizo che ha lasciato tutto per vivere da eremita, dubito che nessuno di noi sarà mai in grado di liberarsi del denaro. E infatti, anche qui su Mindcheats ho già parlato di crescita professionale.

Ma anche senza scendere in questi estremismi, possiamo essere d’accordo sul fatto che la nostra società dà troppa importanza al denaro.

Per essere una persona realizzata, devi fare un mucchio di soldi. Devi comprarti gli status symbol. Ma secondo me, e l’ho già detto mille volte, l’obiettivo della tua vita dovrebbe essere la felicità. Fino a un certo punto i soldi possono aiutarti, ma una volta che hai soddisfatto i tuoi bisogni, non ha senso prosciugarsi la vita nel lavoro solo per guadagnare di più.

Quindi, un primo passo per diventare più ricco è capire che la nostra società dà troppa importanza al denaro. E che puoi essere felice e vivere bene anche senza comprare tutto quello che ti passa sotto mano.

Perché compri roba?

Quindi, per essere più ricco puoi guadagnare di più o volere di meno. Per guadagnare di più puoi andare su Mindcheats Curriculum, mentre qui ci occupiamo di come vivere meglio spendendo di meno.

Io sono sempre stato un risparmiatore. Se c’è qualcosa da comprare lo prendo, se si esce a mangiare una pizza non prendo la margherita solo perché è la più economica, ma non sento il bisogno di spendere soldi solo perché li ho. O ancora peggio, di spendere soldi che non ho.

Ma al contrario di molti risparmiatori, che non spendono solo perché vogliono accumulare denaro (e quindi sono ugualmente schiavi dei soldi), la mia motivazione è che non ne sento il bisogno.

Ed essendo una cosa così rara, ho iniziato a chiedermi il perché.

Quello che ho visto, è che le persone pensano di poter comprare la felicità. Più soldi spendo, più sono felice. E se ne potessi spendere di più, sarei più felice. Per questo tutti aspirano ad aver più soldi.

I soldi possono darti contentezza, ma non felicità. La contentezza è un’emozione passeggera, che ti prende al momento ma svanisce dopo poco. Come quando la tua squadra vince il derby, o compri un nuovo stereo hi-fi.

Ma la felicità è qualcosa di diverso. È più difficile da ottenere, perché non puoi solo spendere soldi e aspettarti di essere felice. È una sensazione di completezza che permane per sempre, dove pensi che la tua vita non potrebbe essere migliore.

Se sei felice, improvvisamente non sentirai il bisogno di spendere soldi. Sei già a posto così, perché dovresti? Puoi andare in giro con un’utilitaria scassata, ma cosa te ne frega?

Ora, il problema è riuscire ad essere felice.

Come essere più felice

Questo è un argomento che ho trattato più volte sul blog, e ti consiglio di andare a vedere l’archivio per consigli più specifici. Ma per riassumere, sei felice solo quando la tua vita ha un significato. Quando trovi la tua vocazione, e capisci “cosa vuoi fare da grande”. Perché molte persone passano tutta la vita senza mai capire cosa in realtà vogliano fare, ossia non hanno un obiettivo personale.

L’unico modo per trovarla, questa tua ragione di vita, è continuando a provare. Non esistono tecniche o strategie: prova a fare qualsiasi cosa ti capiti sotto mano, e prima o poi troverai la tua vocazione.

Una volta che l’hai raggiunta e sarai più felice, i soldi acquisiranno meno importanza.

Ecco, questo è un ottimo modo per capire a che punto sei nel tuo percorso di crescita personale: meno consideri importante il denaro, e più sei avanti.

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18 Ottobre 2017

Come parlare di crescita personale (a chi odia la crescita personale)

Stefano Crescita personale 1 Comment

Nota per i lettori di vecchia data: molti indirizzi sono stati cancellati dalla newsletter. Se non hai ricevuto la newsletter per questo articolo, ti puoi re-iscrivere da questa pagina.

Fuori dal blog e da chi me lo chiede espressamente, a me non piace parlare di crescita personale alla gente.

Questo perché come categoria, è stata sputtanata all’inverosimile. E per molti è “la solita truffa”.

Come biasimarli? In molti casi è così. Quando certi “formatori” iniziano a parlare di astrologia, fisica quantistica, tarocchi, spiriti universali e robe simili (per poi venderti il loro ultimo programma a 1000€), io sono il primo ad approcciare il settore con scetticismo.

Per questo non parlo mai di crescita personale, o di “tecniche”, o roba simile. O meglio, non nel modo tradizionale…

Cosa non mi piace della crescita personale

Chi mi segue da anni avrà notato un netto cambiamento dai primi articoli del 2010 ad oggi.

Sono passato da uno stile più “vecchio stampo”, dove parlavo di tecniche e strategie, a un modo più discorsivo e non convenzionale.

Questo riflette come è cambiato il mio modo di vedere la crescita personale. Più ho iniziato a praticarla, più ho scoperto che le tecniche non fanno per me. Così come non fanno per la maggior parte delle persone al di fuori della nostra nicchia.

Il problema: le “semplici tecniche”

Io di “semplici tecniche per fare X e Y” ne ho lette a centinaia in questi anni. All’inizio le seguivo religiosamente, poi con il tempo me ne sono allontanato. Alcune ancora le uso (tipo la memorizzazione veloce), molte altre no.

Magari tu sei diverso. Magari ti piace la tecnica del pomodoro, o le varie tecniche per scoprire chi ti mente, eccetera eccetera. Se funziona bene per te, ottimo. Nulla di sbagliato, hanno una loro funzione.

Ma la maggior parte delle persone sentono parlare di queste tecniche e pensano “seee, mica siamo nel paese dei balocchi!” Perché da come vengono vendute, le “semplici tecniche” sembrano promettere il mondo. A quel punto, la persona media alza le difese. E non la posso biasimare: anche io faccio lo stesso.

I motivatori sono pesci fuor d’acqua

I motivatori che propongono la crescita personale vecchio stile, non attaccano sulla popolazione generale. Mancano dei valori condivisi. Te lo spiego con un esempio.

Il mio hobby sono i cani da slitta. Se incontro un altro musher posso iniziare a parlare di tug line, swing dog, se è meglio un X back o un H back, una toboggan o una basket, e altre finezze. Ma una persona che non ha mai provato lo sport, giustamente non ha idea di cosa stia dicendo. Non parliamo la stessa lingua.

Questo perché mancano dei presupposti comuni, e spesso ci dimentichiamo di quanto sia precaria questa base che diamo per scontata. Se io parlo di tecniche per essere più efficaci su questo blog, sto dando per scontate che chi legge sappia:

  • Che la crescita personale non è fuffa.
  • Cosa sono le tecniche.
  • Che le tecniche possono funzionare realmente.
  • Che voglia migliorare sé stesso.
  • Di avere la motivazione di applicare le tecniche che spiego.

Il fatto è che non sono cose scontate. Su questo blog sì, così come ai corsi dei formatori. Ma al di fuori di questa bolla, è difficile trovare persone che condividano tutti e quattro questi valori con noi. Ed è per questo che quando sentono parlare di “tecniche per vivere meglio”, gli scappa un sorriso se va bene.

Ma perché dovrei spiegartelo io, quando esiste questo video?

https://www.youtube.com/watch?v=X03Li52vK1o

Ecco, così è come vengono visti i motivatori fuori dalla cerchia della crescita personale. I commenti della Gialappa’s lo rendono chiaro.

Nulla contro Livio Sgarbi, ma era chiaro che stava insegnando la crescita personale con il metodo classico.

Esercizi motivanti, termini inglesi, tecniche di visualizzazione, e cose così.

Roba che sarebbe andata benissimo per un gruppo che già condivideva le idee base della crescita personale, ma di certo non nella situazione in cui è stato messo.

E se io parlassi di tecniche di crescita personale fuori da questo blog, già so che verrei visto allo stesso modo del buon Livio. E sì, anche tu.

Quindi, vuoi parlare a qualcuno di crescita personale? Vuoi dare una mano al prossimo, e aiutarlo a superare un momento di difficoltà? Io uso un sistema un po’ diverso.

Come parlare alla gente di crescita personale

Iniziamo da Livio Sgarbi, cosa avrebbe potuto fare per rendere la sua presenza più efficace?

Primo liberarsi da tutte quelle frasi fatte, paroloni suggestivi e aura da formatore “you can do it”.

Tutte cose che possono funzionare in un’aula piena di persone che condividono i tuoi stessi valori base, e che utilizzano il tuo stesso linguaggio, ma nel video qui sopra la differenza di linguaggio è imbarazzante.

Un buon formatore dovrebbe, prima di tutto, imparare a usare lo stesso linguaggio del proprio interlocutore. Questo gruppo di persone non ha idea di cosa sia la visualizzazione mentale o un power-pole? Allora via dal programma.

Secondo, parlare dei benefici terra terra.

Io posso iniziare a parlare a treno della visualizzazione mentale, ma se chi mi ascolta non crede che la visualizzazione mentale possa aiutarlo, non mi ascolterà. Questo è un altro valore condiviso da chi fa crescita personale, ma non da tutti gli altri. Alle persone non interessano le tecniche, ma i benefici che le tecniche possono dar loro. E non tutti sono convinti che le tecniche possano dare dei benefici, quindi bisogna partire da lì.

Una strategia più efficace

Quindi, ecco come dovresti parlare di crescita personale a chi odia la crescita personale (e come lo faccio io).

Primo, lascia stare tutti i termini di nicchia, o motivanti, o frasi fatte: motivatori, crescita personale, tecniche, strategie, tutte parole bandite. Insomma, parla come mangi. Secondo, sintonizzati con il linguaggio delle altre persone.

Una volta che la forma è a posto, passiamo alla sostanza.

Al nocciolo, la crescita personale non sono altro che consigli per vivere meglio. Quindi è questo che dovresti fare: dare consigli per vivere meglio, non spiegare tecniche di crescita personale. Le persone sono più recettive ai consigli, soprattutto se accompagnate da una storia di come hanno aiutato anche te.

I formatori sul palco parlano letteralmente dall’alto verso il basso: fate come me perché io sono il più figo. Di fronte a un atteggiamento del genere, i più scuotono la testa e si mettono sulla difensiva.

Quando le persone cercano di ridurre lo sviluppo personale a una serie di tecniche da tramandare in un libro, e lo vedono come un esercizio fine a sé stesso piuttosto che come uno strumento per vivere meglio, ecco che si perde il vero succo di questa disciplina.

A ben vedere, qualsiasi consiglio che puoi dare alle persone può essere vista come una tecnica di crescita personale.

Quindi, non parlare di tecniche e di strategie. La crescita personale non è una scienza fatta di tattiche da applicare pari pari come lette su un libro, ma una serie di consigli per essere più felici.

Dimenticati di quello che hai letto sui libri, di tutto il linguaggio tecnico. Non serve aver letto un muro di manuali per dare dei consigli assennati che possano aiutare la gente.

L’approccio di molti è “io ho letto questi libri, quindi sono un esperto e dovresti ascoltarmi”. E quando inizi a parlare di tutte le tecniche che conosci, è così che suoni: presuntuoso. Invece, il tuo obiettivo dovrebbe essere quello di aiutare le persone nella loro particolare situazione, e se conosci delle tecniche, puoi mettercele dentro (senza menzionarle).

Stessa cosa quando parli del fatto che tu segui la crescita personale. Invece di dire “applico questa tecnica perché l’ho letta nel libro X del grande formatore Y”, mettila su termini più semplici “io faccio questa cosa qui e funziona benissimo, me l’ha consigliato il personaggio X o il libro Y”.

In questo modo, ho visto che le persone sono molto più aperte a discutere della crescita personale. Anche solo perché non sanno di star parlando di crescita personale.

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