4 semplici lezioni di vita dall’Alaska
C’è chi, quando va in vacanza, prende e se ne va a Tenerife per avere un po’ di caldo. Chi fa le crociere nel mediterraneo, chi preferisce lo sci e va a Campiglio o Asiago.
Chi vuole dire d’aver fatto la “vacanza alternativa” se ne va magari in Thailandia, senza sapere che in Thailandia nel 2014 ci sono stati 250.000 turisti italiani (quindi alternativo non è).
C’è invece chi, come il sottoscritto, abbandona per due mesi il suo blog per viaggiare in Alaska.
Se leggi qualche blog di viaggio, ti sarai accorto che fioccano articoli su “cosa mi ha insegnato il Cile/Cina/Nepal/Turchia/Messico”. Quindi voglio coglierti l’occasione per parlarti di un posto schifato dalla maggior parte dei travel blogger: le lezioni che ho imparato (o consolidato) dopo un mese in Alaska.
1 – Non abbiamo bisogno di tutte queste comodità
L’Alaska è divisa in due parti: le città e i villaggi.
Le tre città principali, Anchorage, Fairbanks e Juneau, sono bene o male moderne. Ci si può trovare di tutto, compresi ristoranti costosi, negozi di musica e tour operator.
La storia cambia quando si visita la metà occidentale dello stato, dove una delle “città” principali, Nome, conta 3.800 abitanti (includendo la periferia). Perché vedi, una delle caratteristiche principali di questa zona del mondo è la mancanza di strade che collegano i vari villaggi alle città principali. Questo significa che tutte le provviste devono partire da Seattle, prendere una nave o un aereo per Anchorage, prendere un secondo aereo per Nome o Unalakleet (i due centri di distribuzione dell’Alaska occidentale), e un terzo aereo per il villaggio di destinazione.
Per questo non stupisce sentire che un litro di latte costa 4€ al litro, la benzina 2,20€ al litro (anche se l’Alaska è piena di petrolio), una scatola di cereali 3,80€, un singolo peperone 2,8€, mezzo chilo di passata di pomodoro 4€, e una pizza mediocre dai 18€ ai 30€.
E questo solo per le provviste che arrivano, perché in certi posti non è così scontato avere la pasta al negozio di alimentari.
Con prezzi del genere e una disponibilità altalenante, si fa presto a imparare a sopravvivere senza cose che noi consideriamo fondamentali. Quando per trovare un negozio che abbia un telefono in vendita bisogna prendere l’aereo, avere l’iPhone 4 invece dell’iPhone 6 non ti rovina l’esistenza. Quando per avere l’acqua in inverno devi fare un buco nel ghiaccio, di tempo per guardare Uomini e Donne non te ne rimane granché.
Potresti pensare che è un’esistenza tapina e orribile, in realtà è il contrario: per molti aspetti, vivere in Alaska è più bello che vivere in Italia. Più tempo passavo in queste condizioni, e più mi rendevo conto che meno hai, e meno ti preoccupi.
Ha senso: se passo metà della mia vita ad accumulare lusso, ricchezza e oggetti costosi, passerò la seconda metà della mia vita a preoccuparmi di perderli. Anche per questo i soldi non fanno la felicità.
In realtà, non abbiamo bisogno della maggior parte di quelle cose che consideriamo indispensabili nella vita moderna. Gli smartphone e computer in casa, le TV e i tornei a Fifa e Call of Duty, Facebook, la Coca Cola e i cibi chilometro zero, le due settimane di ferie ad Agosto e tutto quello che fai per staccare nel fine settimana. Tutti stratagemmi per riempire una vita vuota e priva di significato.
E lo dico da possessore di tutte queste tecnologie.
Ma quando ti stai divertendo, quando sei sereno e in pace con te stesso, non ti importa di andare a prendere l’acqua dal fiume o accendere la stufa a legna la mattina per riscaldarti. Sono arrivato a pensare che non sei felice quando puoi permetterti tutte le comodità e i lussi che sogni, ma quando arrivi al punto di non aver nemmeno bisogno delle comodità pur avendo la disponibilità economica, perché la tua vita è già bilanciata così com’è.
2 – È tutta una questione di preparazione e mentalità
Per quanto questo sia stato di gran lunga l’inverno più caldo della storia dell’Alaska, quando sono andato a White Mountain il termometro ha toccato i -22 gradi centigradi circa.
“Ma come fai? Io quando va sotto zero muoio di freddo!”
Il fatto è che si tratta di una questione di preparazione e di mentalità.
Preparazione perché, a -20 gradi, senza l’abbigliamento giusto sei un blocco di ghiaccio in pochi minuti. Soprattutto quando tira vento, come ho imparato a mie spese.
Ma anche con il parka da spedizione artica addosso, serve la giusta mentalità per non sentire freddo a -20. Se continui a pensare che hai freddo, allora avrai freddo. Punto.
Se invece la prendi con filosofia, continui a muoverti e non ti fai condizionare dal termometro, scoprirai che una bella giornata di sole può essere gradevole anche a quella temperatura. Quando ho scalato la collina da dove è stata scattata questa foto, ho avuto caldo e mi sono dovuto aprire la giacca.
Quindi a seconda della tua mentalità i -20 possono essere un freddo estenuante che ti costringono a rimanere chiuso in casa, o può essere una bella giornata di sole ideale per una passeggiata all’aperto.
Puoi applicare questo principio a ogni situazione e avvenimento della tua vita: puoi prenderlo nel modo giusto, o nel modo sbagliato. Puoi prendere sconfitte o fallimenti come un disastro, o come un’occasione per imparare qualcosa.
Soprattutto, è il tuo atteggiamento nei confronti del mondo e della vita che plasma il tuo futuro. Io non credo nella legge d’attrazione così come viene formulata dai più, ma ha un fondo di verità e ne ho parlato in questo articolo (che ti consiglio di leggere).
Prendo questa lezione in senso ampio, e considero i -20 gradi come una qualsiasi difficoltà della vita: con la giusta preparazione e mentalità, non è così male. Anzi, impari a vedere il bicchiere mezzo pieno e a divertirti in ogni caso.
3 – I soldi sono sopravvalutati
Fino a qualche anno fa i soldi erano in cima alla lista delle mie priorità.
Ora non dico di essere ricco sfondato, ma con uno stipendio discreto a fine mese mi sono accorto che i soldi non contano poi così tanto per la felicità. Certo, meglio averne di più che di meno, ma guadagnare non è più l’attività che ritengo più importante nella mia vita.
Lo si capisce bene in Alaska. Una delle cose che mi ha sorpreso di più, parlando con le persone, è l’estremo turnover. Ossia: tantissime persone arrivano ogni anno, e tantissime se ne vanno. Credo di aver incontrato più immigrati in Alaska (dagli Stati Uniti continentali, i “lower 48” come vengono definiti da loro) che nativi nati e cresciuti lì.
Molta gente che nasce in Alaska se ne va, perché le condizioni sono oggettivamente difficili. Molte persone che arrivano non si fermano più di un anno o due, perché scoprono che l’Alaska non è come nei loro sogni dopo aver letto Jack London. Quindi chi rimane ha adottato una filosofia che approvo: i soldi sono sopravvalutati, i beni materiali non sono tutto.
Per quanto siano pieni di petrolio e oro, in Alaska non ci sono tanti soldi. Perché puoi avere tutto il petrolio che vuoi, ma quando la città più vicina è a 3000 km di distanza, e devi fare tre ore di aereo abbondanti per raggiungerla, il costo della vita è spropositato (ne ho parlato sopra).
La filosofia che accomuna tutti gli alaskani è quella di non curarsi dei soldi, di voler fare una vita semplice. Una cosa che hanno capito è che se vivi una vita piacevole, i soldi diventano secondari.
4 – Riscopri la natura
L’Alaska ha una superficie di 1.718.000 chilometri quadrati. Più o meno come Italia, Spagna, Francia e Germania messi insieme. La popolazione totale è di 736.000, ossia poco più di Palermo e molto meno di Torino. Di queste persone, 300.000 vivono ad Anchorage. Questo lascia 436.000 persone in un’area grande quanto l’Europa occidentale, che conta 255 milioni di teste.
Non serve fare troppi calcoli per capire che l’Alaska, fuori da Anchorage, è vuota. Vuota a tal punto che le due città più grandi dietro a Anchorage, Juneau e Fairbanks, hanno circa 30.000 abitanti ciascuna. Vuota a tal punto che alcuni villaggi sono talmente isolati che, per essere raggiunti, l’unico mezzo di trasporto fattibile è l’aereo.
L’Alaska è definita The Last Frontier, l’ultima frontiera, e per una buona ragione: fuori dalle tre città, la natura è incontaminata e la presenza umana risibile.
Nei miei ultimi giorni in Alaska ho deciso di guidare da Anchorage a Fairbanks per un paio di giorni, che sono a circa 6 ore di auto di distanza. Sono partito con il serbatoio dell’auto pieno a metà, credendo nella mia ingenuità che avrei trovato un benzinaio da qualche parte nei successivi 200 km. Beh, quando ho trovato il benzinaio più “vicino” il mio serbatoio era in queste condizioni:
Completamente a secco e minacciosa spia della riserva accesa. Lezione imparata: l’Alaska è vuota, e puoi aspettarti di non trovare benzinai per 200 km sull’autostrada che collega le due città principali dello stato.
Ma c’è di peggio: se da Anchorage si vuole andare in auto nella capitale dello stato, Juneau, devi portarti dietro dietro delle taniche piene di benzina: nemmeno un serbatoio pieno è sufficiente per coprire il tratto di strada che va da un benzinaio all’altro.
Questa storia mi ha fatto capire, ancora più delle statistiche, quanto incontaminata sia l’Alaska. A me è sempre piaciuta la natura, ma nell’Europa occidentale è impossibile immergersi veramente in un ambiente incontaminato: in ogni dove ci sono villaggi, pali della luce, strade e segni della presenza umana. Invece, in un posto come l’Alaska, si può veramente riscoprire la natura. Puoi veramente dire di essere l’unico essere umano nel raggio di 100 chilometri.
In un posto del genere, inizi a pensare al mondo e alla tua vita in un modo diverso. I problemi scompaiono, e ti accorgi di quanto poco senso abbia il correre frenetico dell’esistenza moderna. Ti rendi conto di quanto sia vano rincorrere i possedimenti materiali, e del perché avere successo non significhi avere di più, ma trovare la serenità in una vita più semplice.