Le 5 competenze indispensabili per sopravvivere nel 2013 (parte 1)
Bear Grylls, nel suo programma Uomo Contro Natura, vuole mostrarti come sopravvivere in una situazione di pericolo quando sei in mezzo al nulla, senza cibo e attaccato dagli orsi polari. Se pensi che quello show sia sensato solo perché è prodotto da Discovery Channel, ti distruggo un mito: qualsiasi corso di sopravvivenza serio ti insegna l’opposto di quello che ti fa vedere Bear: se cadi da un elicottero sulla cima di una montagna, devi solo aspettare che arrivino i soccorsi. Al massimo puoi segnalare la tua presenza con un fuoco (ma solo se ci sono alberi in zona). Arrampicarsi sugli alberi e tuffarsi in laghi ghiacciati non è l’ideale per la sopravvivenza.
Ma diciamoci la verità: per la maggior parte di noi comuni mortali, il posto più selvaggio che visiteremo è il bosco dietro casa. Se vuoi sopravvivere nel mondo moderno, sono altre le cose che devi sapere. Tutte cose che la scuola e la società non ti insegnano perché lo sai, se ha un’utilità pratica non è abbastanza “nobile” da entrare nelle aule.
Quindi ecco le cinque competenze ignorate da tutti, che ti permetteranno di sopravvivere nel 2013.
1 – Statistica
Se io mangio due polli e tu nessuno, statisticamente ne abbiamo mangiato uno per uno.
Disse un uomo che ci teneva a dimostrare la sua ignoranza statistica.
Smontiamo questa affermazione. Prima di tutto, questa non è una statistica. La statistica può essere fatta solo sui grandi numeri, e due osservazioni non sono un grande numero. Okay, diciamo che 500 persone hanno mangiato due polli a testa e altre 500 nessuno. Sono mille polli per mille persone, statisticamente un pollo a testa. Giusto?
Sbagliato.
Qui entrano in gioco gli indici di dispersione, che calcolano quanto le singole osservazioni siano distanti dal valore medio. Dopo aver tirato in ballo paroloni come coefficiente di variazione e deviazione standard, uno statista ci metterebbe poco a concludere che l’osservazione sopra riportata ha una valenza statistica nulla.
Ora veniamo al punto.
In questo universo esiste solo una cosa perfetta: la matematica. La matematica non sbaglia, siamo noi che la interpretiamo male. Ma a sbagliare siamo noi, non i numeri. 2+2 fa 4, sempre. Se non sai fare le addizioni puoi dire che fa 5, ma non è la matematica a sbagliare: sei tu.
Su questo punto siamo tutti d’accordo, il problema arriva quando i calcoli si fanno più complicati. Tutti sappiamo fare le addizioni, ma in pochi sanno calcolare il coefficiente di Gini. Il tuo inconscio si sente infallibile e odia ammettere i propri errori, quindi rinnega tutto quello che può causare instabilità e dubbi (fonte). La matematica è arrogante: ti sbatte in faccia la verità senza curarsi dei tuoi sentimenti. Se hai una credenza opposta a quello che la matematica ti dice, rifiuti di credere alla matematica. Se abbastanza persone entrano in questa fase di rifiuto, complimenti: ti sei appena costruito una verità fittizia.
Questo è quello che succede quando si parla di statistica: in pochi la capiscono e in molti la rifiutano. La statistica è pura matematica, quindi è perfetta. Ma è così complessa che può essere interpretata in modo sbagliato, quindi le persone fanno presto a dire che è stata la statistica a sbagliare. Ma come nel caso dell’addizione, è l’uomo ad essere in errore.
Ti faccio un esempio concreto.
Quando ancora seguivo la politica (era il 2006), dopo le elezioni l’UDC è riuscito ad entrare in parlamento con una cosa tipo il 5% dei voti. Questa è una statistica: il 5% dei votanti ha scelto l’UDC. Nei dibattiti TV c’erano due voci opposte:
- L’UDC ha ottenuto un risultato straordinario, perché ha raddoppiato i voti nel giro di un anno ed è per la prima volta in parlamento.
- L’UDC ha fatto schifo, perché il 5% non è niente confronto ai grandi partiti.
Chi ha ragione? Dipende dai punti di vista. La matematica ha una sola risposta, le scienze umane possono averne diverse. Il lavoro della statistica finisce quando ti dà quel 5%. Il resto è un dibattito TV, che di statistico ha ben poco.
Devi imparare la statistica perché altrimenti sarai sempre in balia di chi la interpreta (spesso sbagliando), senza avere la possibilità di trovare la verità.
Ti piace essere controllato? Ti piace che qualcun altro ti dica cosa pensare? Allora la statistica non ti serve. Ma se vuoi formarti un’opinione personale, devi partire dai fatti reali. Se cerchi di farti un’opinione ascoltando le opinioni degli altri, sarai influenzato. Assumerai la posizione di chi:
- Ha il tuo stesso sistema di credenze.
- È più bravo a persuadere.
La tua non sarà una nuova opinione, ma l’opinione di chi dice le cose che ti piacciono di più. Alla maggior parte delle persone basta e avanza, perché fare il passo successivo è difficile. Peccato per loro: passeranno la vita ad essere controllate da chi interpreta le statistiche per loro.
Ma se inizi a leggere le statistiche adesso, non andrai molto lontano: l’interpretazione è difficile. Anche se hai la buona volontà di imparare come funzionano i grafici e i numeri, non sarai in grado di interpretare la statistica: è una materia che funziona in modo diverso e ti fa fare errori logici. Esempio:
Negli Stati Uniti gli uomini che si chiamano Tyron commettono il 30% in più dei crimini rispetto alla media.
Questo è un dato statistico vero, che ho elaborato dalle statistiche grezze (ti risparmio questo passaggio). Uno statista poco preparato potrebbe dire: se ti chiami Tyron, commetti più crimini. Sbagliato: la statistica ti dice che c’è una correlazione fra i dati, ma non ti dice quale. Potrebbero esserci tre spiegazioni:
- B è causato da A: le persone commettono più crimini perché si chiamano Tyron (Tyron è un nome “malefico” che fa commettere crimini a chi lo porta).
- A è causato da B: le persone si chiamano Tyron perché commettono più crimini (chi commette crimini cambia il suo nome in Tyron, logicamente questa non è la risposta).
- A e B sono entrambi causati da C: le famiglie povere chiamano i figli Tyron più della media, e chi viene da una famiglia povera commette in media più crimini.
La statistica non ti dice quale di queste tre interpretazioni è quella corretta, per saperlo devi andare a cercare altre statistiche che confermano o smentiscono ognuna di queste ipotesi.
Una delle ragioni per cui ho smesso di seguire i TG e addirittura ho smesso di votare è perché è triste vedere come i giornalisti manipolano le statistiche per farti credere quello che vogliono. Fanno leva sull’ignoranza matematica delle persone per tirare delle conclusioni ridicole. Quando vedi dei numeri in un TG o giornale, con buona probabilità la statistica originale dice qualcosa di completamente diverso.
Devo farti l’esempio del meteo e la famigerata media stagionale? Ecco, abbiamo capito.
Letture consigliate:
2 – Economia
L’economia è parte integrante della democrazia: è la popolazione a decidere il proprio destino. Come la democrazia, nemmeno l’economia è un sistema perfetto: da una parte abbiamo Hitler che ha ottenuto il potere in maniera democratica, dall’altra abbiamo la crisi del 2008. Ma sia la democrazia che l’economia di mercato sono il sistema migliore della storia e probabilmente che mai vedremo nel secolo. È per questo che siamo proiettati verso un futuro straordinario (ti spiego il perché in questo articolo).
Quindi perché ti interessi di politica, ma non di economia? Sono due facce della stessa medaglia. Non può esserci l’uno senza l’altro. Pensaci:
- I primi regimi di libero mercato si sono sviluppati nei posti dove il governo era più democratico, come i comuni italiani nel medioevo.
- Un regime che elimina la democrazia elimina anche il libero commercio (vedi fascismo, nazismo, stalinismo).
Finché abbiamo la democrazia, avremo anche l’economia di mercato. Ma i Paesi del Nord Europa hanno una forte influenza statale e sono democrazie, puoi dirmi. Vero, ma la spina dorsale delle economie del Nord Europa resta comunque il libero mercato.
Ora veniamo alla parte che interessa a te: se non capisci come gira l’economia, non capirai come girano i soldi. Se non capisci come girano i soldi, difficilmente ne vedrai tanti. Fino a una generazione fa questo non era un problema: anche se non sapevi niente di economia, trovavi il tuo lavoro ed eri a posto per tutta la vita. I soldi non sono tutto.
Ora non funziona più così: la competizione aumenta e per avere gli stessi risultati devi impegnarti di più. Ora non puoi più uscire da una scuola scadente con voti scadenti e andare a lavorare come manovale fino alla pensione. Le industrie esternalizzano queste mansioni: un operaio non qualificato costa meno in Bulgaria che in Italia. Per questo non puoi più pensare di percorrere questa strada.
Pensala così: anche al minimo sindacale, a un datore il tuo lavoro costa tantissimo fra stipendio e tasse. Se vuoi quei soldi, devi meritarteli. In altre parole, devi specializzarti a dare un servizio. Ho trattato questi argomenti nel mio articolo su come trovare lavoro.
Anche nella vita di tutti i giorni, l’economia è indispensabile: la puoi applicare per risparmiare al supermercato, per decidere come sviluppare la tua carriera e, in generale, ti serve a capire in che direzione vanno i soldi. Entro 50 anni, senza questa competenza sarai fortunato se arriverai a fine mese.
Non ti sto dicendo che devi imparare l’economia se vuoi diventare ricco, ti sto dicendo che devi imparare l’economia se vuoi sostenere una famiglia.
Lettura consigliata: Marketing Management (costa tanto, ma non esiste di meglio)
3, 4 e 5
Ci sono altre 3 competenze indispensabili per sopravvivere nel 2013. Vuoi conoscerle? Leggi la seconda parte dell’articolo a questo indirizzo.