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19 Gennaio 2011

Lumosity: una scorciatoia per diventare più intelligenti

Stefano Crescita personale tecnologia 13 Comments

NOTA: Non condivido più alcune delle idee in questo articolo. Più informazioni

logo luminosity

Quest’oggi parlerò di una cosa un pochino diversa dal solito: non tratterò difatti di una tecnica per sfruttare la mente come faccio le altre volte, ma vorrei introdurre a tutti voi un sito internet che sono sicuro farà la felicità di tutti i miei (pochi) lettori: Lumosity.

Di cosa si tratta? È un programma online (disponibile sia in italiano che in inglese) che permette di allenare il cervello con degli esercizi mirati e sviluppati grazia all’aiuto dell’università di Stanford (che, si sa, è all’avanguardia per quanto riguarda la ricerca e l’interazione con gli utenti, vedasi il progetto folding@home). Come spesso accade la controparte anglofona è strutturata in maniera migliore rispetto alla versione localizzata, quindi se masticate l’inglese vi consiglio caldamente di utilizzare quella (anche perché conoscere la lingua è un imperativo al giorno d’oggi, non più un’opzione). Se parlate solo l’italiano, comunque, non disperate: gli esercizi sono sempre gli stessi e mancano giusto alcune opzioni.

Sul sito è spiegato tutto in parole molto semplici: il cervello funziona proprio come un muscolo, ed esercitarlo costantemente consentirà di migliorarne le prestazioni passo dopo passo. Così come si va in palestra per curare il corpo, è quindi necessario scoprire alcuni esercizi per curare nello stesso modo la mente. Lumosity contiene per l’appunto oltre trenta esercizi del genere, organizzati per tipologia e con un programma giornaliero: ogni giorno vi dirà quali sono gli esercizi quotidiani che dovrete fare, di difficoltà crescente, per mantenere la vostra mente sempre attiva.

Purtroppo però il programma non è gratuito, e richiede un’iscrizione mensile o annuale per poter godere di tutte le funzionalità. Ne vale la pena? Dipende, per me sì ed entro breve completerò l’iscrizione (eh già, ho usufruito di qualche giorno di prova gratuita e basta, non lo conosco da anni ed anni). Se volete qualcosa di gratuito e in italiano, beh, avete questo blog! 😉 Ho già parlato di come allenare la creatività, ed entro breve amplierò l’argomento con altri post in proposito, quindi se non l’avete già fatto iscrivetevi ai feed RSS o chiedete di ricevere gli aggiornamenti via e-mail (box in alto a destra della pagina). 🙂

Alla prossima!

17 Gennaio 2011

Cos’è un’esperienza extracorporea?

Stefano sonno sogni lucidi 15 Comments

Un’esperienza extracorporea (OBE) è un’esperienza, solitamente di breve durata, durante la quale si ha la sensazione che la mente (o l’anima) si stacchi dal corpo e giri liberamente per la stanza in cui si trova, permettendo di vedere il mondo da prospettive diverse da quella abituale. In altre parole, è un modo di rapportarsi con l’ambiente esterno completamente diverso da quello che si ha sfruttando i cinque sensi dei quali siamo dotati.

esperienza extracorprea
Contrariamente a quello che si può pensare, le esperienze extracorporee possono definirsi abbastanza comuni.

Dopo diversi sondaggi in materia è emerso che circa una persona su quindici, negli Stati Uniti, ha provato qualcosa di simile; inoltre, sembra che non ci siano requisiti particolari per poter provare un’OBE, quindi può essere sperimentata un po’ da tutti.

La ricerca sopra descritta si è quindi spostata sul tempo: è stato chiesto agli intervistati in che situazione hanno avuto questo genere di esperienza. Nel 85% dei casi la risposta è stata quella che personalmente mi attendevo: mentre si risposavano o durante il sonno, tuttavia i diversi casi restanti indicano l’assunzione di alcune sostanze (soprattutto medicinali). Insomma, da lucidi una OBE è piuttosto improbabile.

Ma non sono questi gli unici casi riportati: diversi piloti di moto hanno detto che, durante delle corse, hanno avuto la sensazione di uscire dal proprio corpo e di vederlo dall’alto mentre completavano le curve del circuito. Una cosa simile pare succeda anche ai piloti di aerei d’alta quota.

La spiegazione di questi ultimi due esempi può essere trovata nell’eccezionalità della situazione: quando i sensi vengono portati al limite può succedere che la mente si confonda e inizi a inviare dei segnali non proprio normali, provocando esperienze del genere. In questo caso, è la velocità che confonde i sensi.

Per completezza della ricerca, devo menzionare anche le esperienze extracorporee di tipo più mistico: persone che riportano di essere uscite dal proprio corpo ed aver effettivamente interagito con altra gente, non tanto nella propria immaginazione ma nel senso vero e proprio del termine.

Personalmente sono molto scettico su certe cose, e penso che questi episodi vengano influenzati principalmente dall’autosuggestione (un po’ come succede per i presunti rapimenti alieni, per dire).

Tornando a noi: non tutte le OBE accadono spontaneamente. Con varie tecniche molte persone sono riuscite ad indurre o a simulare un’esperienza extracorporea: ho già trattato l’argomento in un post precedente, che descrive quello che secondo me rappresenta il modo migliore per provare questa bellissima sensazione.

Nelle esperienze extracorporee auto-indotte, ad ogni modo, pare che raramente si riesca a vedere il proprio corpo dall’esterno: questa rimane per ora una caratteristica unicamente ad appannaggio dell’OBE spontanea (che però non può essere provata a piacere).

Solitamente un’OBE appare caratterizzata da paralisi corporea (data dal fatto che il corpo pensa di dormire, e quindi si protegge dai movimenti involontari) e sensazioni quali strani rumori, leggerezza o allucinazioni di vario genere. Si tratta spesso di qualcosa di molto vivido e impresso nella mente delle persone, tanto che sono in molti a credere che ci sia in effetti una vera e propria anima separata dalla parte fisica.

Quanto detto vale in misura ancora maggiore per le esperienze vicine alla morte (near death experience, o NDE). Molte persone che hanno provato esperienze quali infarti o gravi traumi hanno riportato, una volta rimesse, di aver avuto la netta sensazione di entrare con la propria mente in uno stato particolare, di sentirsi liberi dal proprio corpo e di entrare in un nuovo mondo.

In molti dicono inoltre di vedere il proprio corpo, mentre i dottori tutt’intorno parlano e cercano di guarirlo. La cosa affascinante è che, in seguito, queste visioni si sono rivelate essere nella maggior parte dei casi vere.

Ciò è probabilmente dato dal fatto che la mente continua a ricevere degli stimoli dall’esterno, e visto che il corpo non è in grado di rispondere, proietta per così dire la coscienza in un sé-astrale. Naturalmente queste sono solo supposizioni da parte mia, quindi piano con la fantasia! 😛

Vuoi dormire bene? Per scoprire subito quali sono le migliori azioni che puoi fare per dormire bene ogni notte, scarica gratuitamente il mio manuale del riposo perfetto: inserisci nel box qui sotto il tuo nome e indirizzo email, potrai leggere il report gratuito fra un minuto. Scoprirai:

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16 Gennaio 2011

Tecniche di rilassamento: la respirazione

Stefano Crescita personale 5 Comments

Lo stress è, nella società moderna, uno dei problemi più diffusi e comuni soprattutto nelle grandi città, dove i ritmi di vita sono più serrati

Su questo blog propongo le tecniche più svariate nella speranza di migliorare la vita di tutti, ma è inutile se sei sotto stress e non hai un attimo per rilassarti. Diverse persone hanno una predisposizione diversa allo stress: alcuni ne sono naturalmente immuni o quasi e altri, invece, non riescono a gestire tutta la mole di problemi e preoccupazioni che ogni giorno passano davanti ad ognuno di noi.

Sia che appartieni alla prima o alla seconda categoria, trarrai dei benefici immediati da quello di cui parlerò: le tecniche di rilassamento. Certo alcuni ne hanno più bisogno di altri, ma sotto sotto chieditelo anche tu: sei sicuri di essere già felice al 110%, senza nemmeno una minima preoccupazione in nessun ambito della tuo vita? Se la risposta è sì ti faccio i miei complimenti. Altrimenti, continua a leggere.

È molto più probabile che anche tu ti ritrovi con qualcosa che non ti va a genio. Quando ti senti stressato puoi quindi passare per il mio blo, e leggere questo post per ritrovare la serenità. Oltre a questo, le tecniche di rilassamento sono molto utile quando si parla di esperienze extracorporee (delle quali tornerò a parlare molto presto).

IL METODO

persone che respirano

Ci sono molte diverse tecniche di rilassamento, tutte con dei pregi e dei difetti. Dopo averle lette e provate tutte, ho scelto quella che secondo me si adatta meglio allo spirito di Midcheats: la respirazione. Perché? Rilassarsi tramite la respirazione è molto semplice, prende poco tempo e può essere praticata ovunque senza bisogno di strumenti o altre persone a “guidare” il rilassamento. I passi da seguire sono i seguenti:

1 – Siediti in una posizione comoda, con il busto dritto e possibilmente appoggiato ad uno schienale. Appoggia una mano sullo stomaco e l’altra sul petto.

2 – Inspira con il naso. Mentre lo fai, cerca di gonfiare la pancia e non il petto, in questo modo riuscirai a far entrare più aria nei polmoni (lo so, suona strano, ma effettivamente è così, provare per credere). A questo servono le mani: quella appoggiata sullo stomaco dovrebbe muoversi maggiormente, mentre quella appoggiata al petto dovrebbe rimanere quasi ferma o comunque muoversi molto poco.

3 – Con tutta la calma che vuoi, butta fuori l’aria dalla bocca. Mentre lo fai, contrai i muscoli dell’addome per far uscire più aria possibile.

4 – Continua con i tre passi sopra descritti fino a quando non ti sentirai completamente rilassati.

5 – Se hai difficoltà a respirare in questo modo (con l’addome) da seduto puoi provare a farlo da sdraiati.

Come puoi vedere, non ho dato spiegazioni minuziose di ogni passaggio: questo perché se io posso metterci cinque secondi a respirare e mi rilasso così, una persona con i pomoni più piccoli potrebbe metterci un po’ meno tempo. Trova il tuo ritmo, ascolta il tuo corpo e capirai qual è quello giusto per te.

14 Gennaio 2011

Spezzettare i propri obiettivi per renderli più semplici

Stefano Crescita personale raggiungere gli obiettivi 20 Comments

scalare una montagna

Gli obiettivi che vogliamo realizzare tendono ad essere imponenti, e come tali difficili da raggiungere. Pensaci un attimo, e intuirai che anche per te è così: il tuo “sogno nel cassetto” non è qualcosa che puoi realizzare nell’arco di una settimana o due, altrimenti l’avresti già fatto. Mi sbaglio? 😉

E cosa succede? Uno si perde d’animo a vedere quanto sforzo richiederà il proprio progetto, e la forza di volontà viene meno. Magari si comincia anche, ma si sa che la volontà raramente è di ferro, e i progetti appena iniziati vengono lasciati lì ad ammuffire a tempo indeterminato.

Lasciami raccontare una breve storia vera.

La vicenda parla di un uomo, un alpinista, che con alcuni amici stava scalando il K2 (la seconda montagna più alta del mondo dopo l’Everest). Egli aveva già preso parte a tantissime spedizioni in varie parti del mondo, ma quella volta qualcosa andò terribilmente storto: per una serie di drammatiche coincidenze la sua fune si ruppe e scivolò dentro ad un crepaccio a decine di chilometri dal campo base.

I suoi amici lo cercarono per ore, ma non lo trovarono. Disperati e credendolo ormai morto, tornarono alle loro tende per passare la notte, e il giorno dopo sarebbero ripartiti per chiamare i soccorsi a valle.

In realtà l’uomo che era caduto non era affatto morto: era precipitato sulla neve, ed era riuscito fortunosamente a sopravvivere anche se con entrambe le gambe rotte. Sapeva che i suoi amici se ne sarebbero andati molto presto, e che avrebbe dovuto strisciare per decine di chilometri con le gambe fratturate o sarebbe stato lasciato lì a morire.

Fortunatamente questa storia ha un lieto fine: riuscì nell’impresa e fu portato all’ospedale. Quando gli fu chiesto come aveva fatto a fare tutta quella strada senza poter camminare, per giunta in così poco tempo, egli rispose: “non ho pensato che sarei dovuto arrivare fino al campo. Semplicemente mi dicevo che sarei arrivato solo fino a quella roccia poco distante, ed una volta lì mi prefiggevo un altro obiettivo”.

Cosa ci insegna questa storia? Che devi porti degli obiettivi a breve termine se vuoi coronare delle imprese grandiose. Spezzetta quello che vuoi fare in più e più parti, poi datti da fare per raggiungere il primo “checkpoint”. Una volta fatto premiati, sorridi e vai avanti verso il prossimo.

Così facendo la tua mente sarà altamente focalizzata, perché quello che le imponi di fare non sarà più un’impresa grandiosa che richiede anni, bensì un piccolo e innocuo compito che può essere portato a termine nel giro di qualche ora o qualche giorno al massimo. Alla mente non piace affatto trovarsi di fronte a situazioni impossibili: ha un funzionamento molto più pratico e funzionale, quindi si darà maggiormente da fare se il compito è visto come possibile.

In più c’è il fenomeno della ricompensa, che ti stimolerà ancora di più a darti una mossa.

Ti è piaciuto l’articolo? Allora leggi il mio altro articolo su come raggiungere i tuoi obiettivi! 😉

13 Gennaio 2011

Come sottolineare un libro

Stefano studio 11 Comments

Finalmente! Per tre giorni la connessione ad internet nel mio appartamento non ha dato segni di vita, e per questo non avete ricevuto alcun aggiornamento. Ora però sono tornato attivo come sempre, e come sempre sono qui a proporvi articoli per migliorare sé stessi e il proprio cervello. 😉

Per molti (e anche per me) gli esami universitari si stanno avvicinando, e la tensione si fa sempre viva nel momento meno opportuno. Soprattutto se come me siete dei pigri di natura, e quindi sapete già preventivamente che aveste potuto studiare un po’ di più per puntare ad un voto migliore.

Quel che è certo quando si entra in questo argomento è che il vecchio concetto di studio, per quanto venga ferocemente difeso dai professoroni italiani, ormai non ha più molto senso: per essere bravi e prendere voti alti non serve stare ore e ore sui libri, giorno dopo giorno. Quello che serve è un metodo di studio efficace che consenta di memorizzare il maggior numero di informazioni possibili in un dato periodo di tempo (possibilmente il minore possibile). Qui su Mindcheats mi sono già interessato all’argomento, se siete degli studenti sono sicuro che troverete molto interessante la categoria studio.

Come ho già detto in passato, ogni persona deve trovare il proprio metodo di studio preferito con la pratica. Certo è, comunque, che un po’ di aiuto non guasta mai: ci sono fior di psicologi ed esperti della mente che passano la vita ad interrogarsi su quali siano i migliori modi per studiare, quindi perché non sfruttare le loro ricerche per ricevere quella spinta in più che non fa mai male? Ad esempio io sono un grande fan della lettura veloce, ma altre persone preferiscono altre tecniche.

Oggi parlerò di qualcosa che, ammetto, io pratico veramente pochissimo: sottolineare il libro. Perché non lo faccio? Personalmente la trovo una perdita di tempo, è molto più veloce leggere due o anche tre volte il libro con la lettura veloce e fare altri tipi di schemi. Ma visto che non tutti la pensano come me, e soprattutto visto che ho notato certi libri di seconda mano veramente orripilanti, trovo giusto dare quanto meno qualche linea guida su come utilizzare quella matita e quell’evidenziatore.

libro e occhiali al lume di candela

1 – Prendetevi il vostro tempo, anzi di più. Un metodo di studio improntato sulla sottolineatura richiede veramente tanto tempo, ma i risultati sono garantiti. Quindi, se siete di fretta, fareste meglio a provare qualcos’altro!

2 – Leggete il libro. Prima di tutto, leggete tutto quello che dovrete sapere per il vostro esame, dalla prima all’ultima pagina. Difatti alla prima lettura tutte le informazioni che vi passano sotto gli occhi vi sembreranno di vitale importanza, e per questo avrete la tentazione di sottolineare praticamente l’intero testo. Sbagliato: sottolineare tutto equivale a non sottolineare niente, e questo è un concetto da tenere sempre a mente!

3 – Lasciate perdere l’arcobaleno. Una delle cose che ho notato con molti libri usati che mi sono capitati sotto mano, è che paiono degli alberi di natale tanto sono sgargianti con i loro mille colori. Possono anche sembrare carini, magari lo sono anche, ma non sono utili: anzi, distraggono inesorabilmente sia l’occhio che il cervello dal compito principale, ovvero studiare. Solitamente non è necessario usare più di tre colori diversi, ognuno che si associa ad un concetto unico (ad esempio parole chiave, approfondimenti, definizioni). All’inizio può non venirvi naturale questa rigida divisione, ma non c’è problema: prendete un colore alla volta, e piano piano vi abituerete.

4 – Sottolineare una parte ogni tre. Più o meno è questo il rapporto fra le informazioni utili e quelle inutili in un normale libro di testo: basta un terzo e avete tutti i dati che potreste desiderare, completi e senza saptare nemmeno il più piccolo passaggio. Se eccedete questa proporzione fate un minuto di pausa, andare a rileggere e chiedetevi se veramente avete estrapolato solo le informazioni necessarie, oppure se avete aggiunto dei pezzi che possono essere bellamente ignorati. La fase della sottolineatura implica che avete già letto tutto il libro, quindi sapete più o meno cosa aspettarvi: sfruttate questa informazione e sfruttate il tempo che avete dedicato alla lettura preventiva.

5 – Integrare. Perché sottolineare, la maggior parte delle volte, non è abbastanza: per quanto scremato un libro tende ad essere un mattone bello grosso, e come tale andrebbe buttato a mare senza rimorsi. Personalmente riassumo tutto il manuale il prima possibile per poi studiare unicamente sui riassunti: magari voi non siete degli estremisti come me (anzi, sicuramente non lo siete, visto che avete speso tutto questo tempo ad imbellettare quelle mille pagine di testo), ma fare qualche riassunto scritto dà sempre i suoi buoni risultati. 

6 – Sperimentare. L’ho detto e lo ribadisco: il metodo di studio varia fortemente da una persona all’altra. Per quanto questi semplici concetti funzionano con tutti, è necessario svilupparli e ampliarli prima di poter trarre il massimo profitto. Non abbiate paura, che tanto male non fa: ci potete mettere un giorno o due a capire se la modifica che avete fatto dà i risultati sperati oppure no, di certo non vi farà perdere una sessione di esami.

Devo dire che un po’ mi mancava parlare di metodi di studio, dopo tutti questi mesi. Certo la pressione degli esami ha esercitato un fascino non indifferente verso questi argomenti, e spero vivamente che troviate queste informazioni utili tanto quanto le ho trovate io.

E voi che metodo di studio preferite? Condividete la vostra esperienza e i vostri risultati nei commenti, in modo da integrare i miei consigli per il bene di tutti i vostri colleghi! 😉

8 Gennaio 2011

Entrare in sintonia con il linguaggio non verbale

Stefano Crescita personale ipnosi, pnl 4 Comments

Questo articolo è parte della mini-guida su ipnosi ed auto-ipnosi. Trova altri articoli correlati nella mia pagina di introduzione all’ipnosi.

linguaggio non verbalegio Proprio nell’ultimo post ho parlato di come entrare in sintonia con il linguaggio para-verbale, spero che vi sia piaciuto, perché oggi continuerò e concluderò questo mini-argomento con l’altra faccia della medaglia: entrare in sintonia con il linguaggio non verbale, ossia con i gesti.

Per farsi piacere da qualcuno non bisogna essere “naturalmente simpatici”, né si tratta di qualche strano collegamento mentale o cose del genere: in realtà la differenza viene data dalle modalità di comunicazione. Due persone che comunicano in maniera simile (con linguaggio verbale, para-verbale e non verbale) sono naturalmente attratte reciprocamente, ed è così che nella società moderna si formano e si intrecciano le relazioni sociali, spesso basato su degli interessi in comune.

Se avete letto il mio post precedente allora le cose vi torneranno più semplici adesso, perché il concetto applicato è sempre lo stesso: imitare il linguaggio dell’altro per farsi piacere e stabilire una prima relazione di amicizia e simpatia “a pelle”. Ma quest’oggi la situazione è leggermente più complicata, perché non si può categorizzare i “tipi” di linguaggio non verbale: ogni movimento fa storia a sé, ed è compito vostro ricalcarlo nella maniera più opportuna.

Mentre state ascoltando l’altro, fate particolare attenzione a come si muove: molto probabilmente lui non si rende minimamente conto di tutte le centinaia di piccoli gesti che effettua ogni secondo, ma voi che siete un osservatore esterno avete un quadro generale molto più ampio e distaccato. Ricordato sempre che il corpo non mente mai, e lascia trapelare tutte le vere emozioni e sensazioni che il soggetto sta provando in quel particolare momento. Anche se voi non lo sapevate (così come non lo sa il 99% abbondante della popolazione mondiale) il vostro cervello invece lo osa benissimo, e reagisce autonomamente al linguaggio non verbale delle persone con le quali si trova ad interagire ogni giorno.

E voi sfruttate questa piccola vulnerabilità del cervello umano a vostro vantaggio: andate a colpire direttamente l’inconscio, come si addice ad ogni buon esperto di ipnosi e comunicazione. Come? Semplice: ricalcate tutti i gesti e le posture della persona con la quale volete entrare in contatto, pedissequamente e senza sosta. Se ha il busto all’indietro portate il busto all’indietro anche voi, se accavalla le gambe fatelo anche voi, se si mette a muovere le mani in una certa maniera voi imitatelo per quanto vi è possibile.

Naturalmente, questo deve essere fatto con un po’ di criterio: non potete copiare spudoratamente tutti i gesti che l’altro farà, altrimenti sembrerà che lo stiate prendendo in giro. Allo stesso modo non siate troppo fedeli nel ricalco del linguaggio non verbale, altrimenti l’altro potrebbe accorgersene. Ricordate che non volete far sì che la parte conscia del cervello si renda conto di questa similitudine, altrimenti otterrete l’effetto contrario a quello desiderato. Quello che invece volete fare è stuzzicare l’inconscio a dire al cervello: “hey, quel tizio si muove come mi muovo io, dev’essere sicuramente una persona simpatica!” Detto così fa un po’ ridere, ma vi assicuro che la mente funziona proprio in questo modo.

Questa tecnica non ha ancora esaurito la sua utilità: difatti osservando con un po’ di attenzione il linguaggio non verbale potete facilmente scoprire le menzogne, così come tantissime altre cose molto utili. Volete sapere come? Continuate a seguire Mindcheats – Trucchi per sfruttare la mente! 🙂

Ti è piaciuto l’articolo? Scopri altri segreti dell’ipnosi.

7 Gennaio 2011

Entrare in sintonia con il linguaggio para-verbale

Stefano Comunicazioni di servizio ipnosi, pnl 5 Comments

Questo articolo è parte della mini-guida su ipnosi ed auto-ipnosi. Trova altri articoli correlati nella mia pagina di introduzione all’ipnosi.

bocca con rossetto
La bocca può comunicare più di quello che si pensa.

Dopo un giorno di pausa, eccomi di nuovo a parlare di ipnosi e di come utilizzarla nella vita quotidiana per migliorare le proprie capacità relazionali. Nei giorni precedenti ho già parlato dei suggerimenti mentali e di come applicarli efficacemente nel modello 4-3-2-1, quest’oggi voglio arricchire quanto già detto e raffinarlo ancora di più: vi spiegherò come entrare in sintonia con il vostro interlocutore con il linguaggio verbale. O meglio, con il linguaggio para-verbale.

Che cos’è il para-verbale? Se leggete il mio blog da un po’ saprete di sicuro cosa sono il linguaggio verbale (quello che diciamo) e il non verbale (in che modo si esprime il nostro corpo). Il para-verbale è qualcosa che sta a metà fra i due: si tratta delle modalità che utilizziamo per parlare agli altri, il modo in cui diciamo le cose. Ad esempio, dire “sono leggermente infastidito” è diverso da dire “sono incavolato nero”: nonostante abbiano lo stesso significato formale (uno stato d’animo negativo) l’intensità è molto diversa. A seconda delle parole che scegliamo per comunicare una determinata informazione il risultato sarà fortemente differente, e non solo le parole in sé sono importanti: il tono di voce riveste un ruolo fondamentale nella comunicazione, e tutto questo fa parte del linguaggio para-verbale.

Ora che abbiamo capito di cosa parlerà il prossimo post, iniziamo ad addentrarci nell’argomento senza indugiare oltre. Con il linguaggio para-verbale potete veramente sapere un sacco di cose su chi vi sta di fronte, per esempio qual è il senso sul quale fa più affidamento: i principali sono vista, olfatto e sensazioni. Come fare a scoprirlo? Semplice, fate attenzione ai tipi di verbi e predicati che l’altro usa mentre vi sta parlando. Se ad un colloquio di lavoro l’esaminatore vi dice “vedo che lei ha un buon curriculum”, allora saprete subito che si tratta di una persona che fa riferimenti visivi. Naturalmente semplicemente ascoltando potete facilmente smascherare anche gli altri due tipi: “sento puzza di bruciato” fa riferimento all’olfatto, mentre “ho una brutta sensazione” indica un tipo sensoriale.

ricerca del personale
In un colloquio di lavoro è importante entrare in sintonia con l'esaminatore.

Bene, dopo meno di cinque minuti di dialogo siete ora in grado di definire quale senso viene utilizzato prevalentemente da chi vi sta di fronte, ma come utilizzate questa informazione? Per farlo bisogna utilizzare un altro bellissimo concetto presa in prestito direttamente dalla programmazione neurolinguistica: i simili si attraggono. Lo so che in chimica funziona esattamente il contrario, ma la mente umana fa un po’ storia a sé ed è attratta maggiormente dalle persone che condividono le loro stesse idee. Non tanto a livello conscio (almeno non solamente) ma anche e soprattutto nell’inconscio: e visto che stiamo parlando di ipnosi, è questo l’aspetto che oggi ci interessa analizzare maggiormente.

Dicevamo quindi, la chiave è sintonizzarsi: sintonizzatevi con chi avete di fronte ed avrete la chiave per la sua mente. Fatelo attraverso le parole, ricalcate quelle che usa lui, e soprattutto usate l’informazione che avete appena appreso per stimolare il senso preferito dell’altro: è un tipo visivo? Molto bene, allora utilizzate verbi prettamente visivi come vedere, guardare, osservare e così via. Se predilige l’olfatto usate verbi che facciano riferimento a quella sfera sensoriale, e così via per tutti gli altri.

In questo modo non ci metterete che pochi minuti a farvi piacere dall’altro, proprio perché siete simili. Sicuramente sapete cosa si prova quando incontrate una persona e vi sta simpatica “a pelle”, ora sapete anche il perché: l’insieme dei suoi tre modi per interagire (verbale, para-verbale e non verbale) sono assimilabili ai vostri, la comunicazione fra di voi è più semplice e naturale e da lì nasce tutto il resto.

Ora siete in grado di utilizzare questa tattica ogni volta che vi possa tornare utile: sul posto di lavoro principalmente, ma anche fra i colleghi o chi avete appena incontrato. L’efficacia massima di questa tecnica si ha quando dovete fare una buona prima impressione, perché nella maggior parte dei casi è l’unico momento in cui il vostro interlocutore non ha ancora un pregiudizio su di voi, e avrete carta bianca per fare l’impressione che vorrete.

E adesso un piccolo test pratico: leggete questo ed altri miei posti, secondo voi qual è il campo sensoriale che utilizzo maggiormente? 😉

Ti è piaciuto questo articolo? Allora leggi altri articoli sull’ipnosi e auto-ipnosi.

5 Gennaio 2011

Il modello 4-3-2-1 per convincere

Stefano Crescita personale ipnosi, pnl 8 Comments

NOTA: Non condivido più alcune delle idee in questo articolo. Più informazioni

Questo articolo è parte della mini-guida su ipnosi ed auto-ipnosi. Trova altri articoli correlati nella mia pagina di introduzione all’ipnosi.

gregge di pecore
La famosa metafora del gregge di pecore…

Come promesso torno a parlare di ipnosi, e come ho già scritto nell’introduzione (linkata poco sopra) parto dal presupposto che non sto spiegando cose fuori dal mondo, ma tecniche utili a tutti e che tutti possono sfruttare con solo un po’ di pratica. Oggi spiegherò il modello chiamato 4-3-2-1, inventato da Betty Erickson, che risulta semplice quanto efficace. Esso viene utilizzato proprio per le sue potenzialità in moltissimi ambiti, compresi gli interrogatori della polizia negli Stati Uniti, dove viene insegnata con molta efficacia. Ma non serve andare fino in America per capire il basilare funzionamento del modello 4-3-2-1, vi basta leggere qui sotto. È un evoluzione del già trattato suggerimento mentale.

Il trucco sta nel creare una matrice nel cervello del vostro interlocutore e poi riproporla successivamente per suscitare la risposta voluta. Sembra difficile detto così? Tranquilli, è più facile farlo che dirlo. La matrice di cui ho accennato consiste nel ripetere quattro frasi, anche slegate fra di loro, sicuramente vere e facilmente verificabili. Sbizzarritevi pure: c’è il sole, fa caldo, questo tavolo è nero, ti senti felice e via di questo passo, sono veramente infiniti gli esempi che si possono fare. Voi sceglietene quattro e ditele distintamente, e poi via con il suggerimento mentale: cominci ad innervosirti, mi dirai quello che sai, farai questo o quello per me. I suggerimenti mentali, come avete potuto vedere, sono delle semplici frasi affermative che suggeriscono al proprio interlocutore un comportamento particolare. Essi funzionano anche singolarmente, ma se inserite in una matrice del genere vanno molto meglio. A questo punto, continuate con altre tre verità facilmente verificabili, poi ben due suggerimenti mentali. Avete intuito dove voglio arrivare? Esatto, ad ogni passaggio diminuite le verità e aumentate i suggerimenti, quindi al terzo passaggio basteranno due verità e tre suggerimenti, e in seguito una verità e quattro suggerimenti fino a quando non vi sentirete soddisfatti del risultato. Ricordate però che in una situazione di vita reale non è sempre possibile fare monologhi così lunghi, quindi quattro verità e un suggerimento sarà spesso il vostro unico risultato. Naturalmente in seguito potrete ricominciare il 4-3-2-1 da capo, infilando un suggerimento qua e là. La cosa più importante, qui, è ricordarsi che non bisogna destare alcun sospetto (ed è anche per questo che raramente sarete nella posizione di potervi permettere di portare avanti questa tecnica per molto tempo). Ma qual è la psicologia dietro a tutto ciò?

Ho detto psicologia, ma anche la programmazione neurolinguistica ha dedicato molti sforzi allo studio di questo metodo. Ancora una volta, come ho già detto in articoli precedenti, la mente umana è molto pigra e tende a distrarsi facilmente, incappando in errori più o meno grossolani. In questo caso ci si riferisce alla “matrice del sì”: dopo ogni affermazione veritiera la nostra mente si ripete inconsciamente “sì”, perché ha bisogno di una conferma interna a qualsiasi cosa anche se banale. Quindi si ripete sì per quattro volte di fila, e per così dire si abitua all’idea di dare risposte affermative alle affermazioni che provengono. Quindi alla quinta volta, quando diamo il suggerimento che potrebbe anche essere accolto con risposta negativa, il cervello sarà portato naturalmente a tendere invece al sì, per conservare la matrice che ha avuto fino a quel punto. Tutto avviene a livello inconscio, quindi la vostra “vittima” non avrà assolutamente idea che in realtà è la matrice che avete imposto a condurre a quell’esito. Purtroppo la tecnica non funziona al contrario, e la “matrice del no” non funzionerà (anzi, vi farà sembrare anche un po’ matti dire “gli asini volano”).

Ti è piaciuto l’articolo? Vuoi saperne di più sull’ipnosi? Allora leggi gli altri articoli sull’argomento.

4 Gennaio 2011

Suggerimenti mentali

Stefano Crescita personale ipnosi, pnl 4 Comments

NOTA: Non condivido più alcune delle idee in questo articolo. Più informazioni

Questo articolo è parte della mini-guida su ipnosi ed auto-ipnosi. Trova altri articoli correlati sulla pagina di introduzione all’ipnosi.

Come avevo annunciato poco fa apro oggi questa mia rubrica pratica sull’argomento dell’ipnosi, con l’intenzione di rendere tutti un po’ più esperti in questa affascinante disciplina. Quello di cui tratto oggi non fa certo gridare al miracolo, ma nondimeno è efficace: i suggerimenti mentali. Di che cosa si tratta?

I suggerimenti mentali sono delle frasi affermative che inducono il proprio interlocutore a fare o pensare qualcosa, in altre parole è un metodo per condizionare direttamente l’inconscio degli altri. Sì, ho detto bene, l’inconscio: infatti i suggerimenti mentali non parlano alla parte consapevole del cervello, ma a quella che sta appartata nell’ombra e tesse i fili che governano la nostra esistenza. Potete quindi capire che stiamo parlando di qualcosa che potenzialmente può essere molto potente.

Ci sono vari modi per utilizzare i suggerimenti mentali e parlerò dei principali nei futuri post, per il momento però mi concentrerò solo su quello più semplice e che può venire utilizzato immediatamente da tutti, senza pratica o altro. Perché richiede solo pochi secondi: basta una breve frase. Dire ad esempio “io ti piaccio” ad una ragazza sortirà in parte l’effetto desiderato. Certo, viene da sé che se usata da sola questa tecnica non vi rimedierà vagonate di ragazze, ma comunque mi è capitato spesso in passato che fosse un suggerimento mentale a far pendere l’ago della bilancia nella direzione voluta. In sostanza dovete dire con convinzione qualcosa, senza lasciare adito ad alcun dubbio, anche se state effettivamente facendo una previsione o una supposizione (oppure state proprio usando l’immaginazione).

Molto spesso questa tecnica viene presa in giro nello spettacolo e nei film: si vede un aspirante esperto di psicologia inserire suggerimenti mentali a caso nelle frasi: “ciao! Bella giornata oggi vero? Mi chiedevo se volessi fare sesso prendere un caffè con me”. No, non funziona così: dovete piazzare i suggerimenti coerentemente con il resto della frase e integrarli in essa nella maniera più naturale possibile. Ricordate che una vostra grande preoccupazione qui è di non fare in modo che la persona con la quale state parlando si accorga dello stratagemma: non vi preoccupate, l’inconscio reagirà comunque nella maniera voluta alla strategia, ed è questo quello che alla fine volete.

Il suggerimento mentale è molto famoso, e personalmente ho conosciuto diverse persone che ne avessero sentito parlare prima che gli introducessi la tattica io stesso, ma spesso le informazioni di cui erano in possesso erano incomplete o proprio sbagliate. E voi conoscevate questa tecnica? Dove l’avete sentita e come vi è stata spiegata? Fatemelo sapere nei commenti!

2 Gennaio 2011

Ipnosi: definizione e introduzione

Stefano Crescita personale ipnosi, pnl 4 Comments

Ipnosi! Alzi la mano chi non ne ha mai sentito parlare: nessuno. Sono però in pochi quelli che sanno il vero significato di questa potente tecnica usata non per fare cabaret, bensì a scopi terapeutici negli studi di tutto il mondo. Il concetto nell’immaginario comune è estremamente vago e per la maggior parte delle persone nebuloso. Riuscite a dare una definizione pratica del termine “ipnosi”? Probabilmente ci penserete sopra qualche secondo, magari proverete ad azzardare un paio di definizioni, ma non troverete qualcosa che veramente che vi soddisfi. Poco male, eccola qui: “l’ipnosi è un cambio di coscienza o di stato mentale indotto da fattori esterni”. Ok, bene, però non ne sapete molto di più di quanto ne sapevate prima!

Cosa ho voluto dire con questo primo paragrafo introduttivo? Che l’ipnosi è un argomento che merita di essere approfondito meglio, perché rappresenta uno strumento potentissimo da utilizzare per migliorare sia sé stessi che le relazioni con gli altri. Non serve essere dei laureati per ipnotizzare qualcuno in maniera molto blanda, così come non è fantascienza ipnotizzare sé stessi. Questo che state leggendo è un articolo introduttivo nel quale illustro le nozioni di base di questa tecnica molto valida, usata da noi e su di noi inconsciamente durante tutto l’arco della nostra vita. E visto che permea ogni momento della nostra giornata, perché non imparare a sfruttarla a dovere? Vista la vastità degli argomenti che voglio trattare partendo da questo presupposto, mi dispiace per voi lettori ma non troverete tutto in un solo post, anzi. Ho intenzione di iniziare oggi una serie di articoli riguardanti l’ipnosi, per fare un po’ di luce su questo argomento interessantissimo. Come ho già detto oggi inizio con l’introduzione, necessaria per sviluppare tutti gli argomenti futuri, per poi lanciarmi a capofitto dentro a qualcosa di più interessante. Non sono un fan dei posti teorici, e come sapranno i miei lettori più fedeli tendo sempre ad andare al punto della questione senza perdermi in inutili fronzoli, ma capisco anche che in questo caso se partissi in quarta a spiegare le tecniche ipnotiche non darei un’informativa completa.

La definizione, per quanto rappresenti una base di partenza, non è certo il punto di arrivo, anzi. L’argomento è estremamente variegato e non mi basterebbero cento pagine per illustrare la teoria dietro a questa scienza, quindi mi limiterò a dare alcuni esempi. Anzitutto, sappiate che siete ipnotizzati tutti i giorni e più volte al giorno: non è difatti necessario che arrivi un grande esperto, magari sventolandovi di fronte agli occhi un orologio a cipolla, per indurre questo stato. Nella definizione che ho riportato poche righe sopra ho detto “indotto da fattori esterni” non a caso, e c’è una ragione se non ho scritto il più restrittivo “indotto da altri”. I fautori del nostro strato di trance potremmo benissimo essere noi stessi (sì, non è un errore, per “fattori esterni” intendo anche noi stessi). Siete in auto diretti verso il luogo di lavoro, un percorso ormai conosciuto a memoria che non richiede più la vostra attenzione, visto che l’avete già fatto centinaia di volte. Cambiate le marce senza nemmeno pensarci, girate lo sterzo ed imboccate tutte le vie che vi porteranno alla vostra meta, e nel frattempo pensate a qualcos’altro o ascoltate un po’ di buona musica alla radio. Anche questa è ipnosi: state facendo qualcosa senza pensarci, automaticamente per così dire, e questo è un cambio di stato mentale dovuto al fatto che ormai nel cervello sono presenti dei collegamenti che eliminano la parte cognitiva nell’azione dell’andare al lavoro. Altro caso: state pensando ad un elefante rosa. Con questa frase vi ho indotto a pensare a quello che volevo io, e quindi vi ho ipnotizzato. Sembra semplice? Beh, per il momento lo è! Applicherò questo semplicissimo concetto nei prossimi giorni in svariati modi più o meno avanzati (ma comunque sempre alla portata di tutti), per indurre gli altri a pensare a quello che volete voi in maniera un po’ più subdola di quanto ho appena fatto io.

L’altra branca che analizzerò è quella dell‘autoipnosi: per quanto si chiami sempre ipnosi ha comunque delle caratteristiche peculiari. Anzitutto, non dovete stare a preoccuparvi di mascherare i vostri intenti per rendere più efficace la tecnica, ed evitare che l’interlocutore alzi le barriere: qui state parlando a voi stessi, quindi si presuppone che abbiate ben chiaro dove volete arrivare (a meno che non soffriate di personalità multiple :p ). Secondo, e qui sorgono i problemi, se dovete ricorrere all’autoipnosi per raggiungere un obiettivo significa che non riuscite a farlo in altri modi, e questo è già più grave: implica che qualcosa ve lo impedisce, e quindi rischiate di cadere nella trappola delle convinzioni limitanti; in altre parole, il vostro inconscio pensi di non essere in grado di raggiungere l’obiettivo, e visto che è molto presuntuoso e non vuole ammettere di essersi sbagliato, farà di tutto per farvi appunto fallire. Qui l’autoipnosi torna utile perché permette di cambiare questo stato mentale e sostituirlo con un più positivo.

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ALTRI ARTICOLI SULL’IPNOSI

 

1 – Suggerimenti mentali

2 – Il modello 4-3-2-1

3 – Entrare in sintonia con il linguaggio paraverbale

4 – Entrare in sintonia con il linguaggio non verbale

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