3 lezioni che ho imparato dalla mia vacanza in Italia

Ormai, io torno in Italia ogni paio di mesi circa. Per rivedere famiglia e amici, per fare le quattro pratiche e poco altro.

Dopo aver vissuto in tre Paesi esteri diversi in due continenti, ormai vedo l’Italia con occhi diversi: non con gli occhi di qualcuno che ci vive dentro, ma più come un osservatore esterno. Questo mi permette di notare alcune differenze e peculiarità dell’Italia rispetto agli altri Paesi in cui ho vissuto, e questo è lo spunto dell’articolo della settimana: 3 lezioni che ho imparato dalla mia vacanza in Italia, e cosa puoi imparare dal fallimento dell’ex Bel Paese.

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1) Troppe persone pensano in piccolo

Gli americani possono piacere o non piacere, ma hanno un pregio indiscutibile: cercano sempre di crescere, di migliorare. Sognano e pensano in grande (e non solo al McDonald). Anche per questa ragione sono più avanti degli italiani.

In Italia invece le persone pensano in piccolo, non hanno obiettivi ma solo sogni vaghi. La differenza è che:

  • quando hai un obiettivo ti impegni a raggiungerlo, hai un piano verso il successo.
  • quando hai un sogno vago, dici “mi piacerebbe ma è impossibile”.

Per questo l’italiano medio è infelice, e se ne sta a consumare la sua vita in un lavoro mediocre che non lo soddisfa. Il suo unico obiettivo è la pensione, e scappa dalla desolazione della sua esistenza una volta l’anno con questa fuga che chiama “vacanza”.

Io parto domani per la mia prima vacanza “vera” in quasi due anni non perché non ne ho avuto le possibilità, ma perché non ne ho mai sentito il bisogno. Quando la tua vita è in equilibrio, hai trovato la tua dimensione, allora le ferie non ti servono più. Anche perché come fai a goderti le ferie, quando sai di dover tornare a una vita d’inferno?

Il cambiamento devi volerlo tu, non puoi aspettare che te lo tiri in testa la Madonna. Se continui a pensare in piccolo, a non fare niente per raggiungere i tuoi obiettivi, allora per forza i tuoi sogni rimarranno sempre impossibili. Quello che ti serve, è un cambio di mentalità.

“Follia è fare sempre la stessa cosa e aspettarsi risultati diversi”
– A. Einstein

Una differenza costante che ho notato ogni singola volta fra le persone che hanno avuto successo (lavorativo e personale), e quelle che invece hanno fallito, è questa: i vincenti partono con l’idea che, se si impegnano, prima o poi arriveranno dove vogliono. I perdenti invece dicono “ok dai, se ho un po’ di tempo ci provo, ma tanto so già che non funziona”. O quelli che amano definirsi “disillusi” o “realisti(ci)”, dicono: “non è così semplice come credi, io c’ho i probbblemi”. Questa è la finta scusa che va più di moda: i problemi ce li abbiamo tutti, ma solo alcuni hanno la forza di volontà per superarli.

Attenzione a non confondere la determinazione con l’illusione. Che per quanto ne dica qualcuno, sono cose ben diverse.

Anzitutto, “illusione” è una parola usata da chi ha paura. Quando dieci anni fa io dicevo che volevo lavorare a tempo pieno su internet, tutti mi rispondevano che ero un illuso e che dovevo “essere realistico”. Ora io vivo alle Canarie e loro sono inchiodati in Italia con uno stipendio al più mediocre. Il “sei un illuso” è la scusa usata da chi non vuole uscire dalla zona di comfort e ammettere i propri limiti.

Sei un illuso, e questa volta veramente, quando non sei disposto ad ammettere i tuoi errori e i tuoi limiti. Non siamo perfetti, e tutti commettiamo degli errori necessari per imparare: il mio primo libro mi ha fatto guadagnare 100€, il secondo nemmeno quelli.

Nessun problema, se sbagli significa che sei sulla strada giusta. Ma è indispensabile imparare a riconoscere i propri errori e usarli per migliorare. Ogni fallimento ti può insegnare qualcosa: chiediti cosa avresti potuto fare di diverso, dove hai sbagliato. Perché la sfortuna conta meno di quello che credi: il risultato è una conseguenza diretta delle tue azioni.

Se sei determinato, ma non fai l’illuso, allora sì che avrai successo. Soprattutto in Italia: con così poche persone che pensano in grande, hai il campo libero dalla concorrenza.

2) Le potenzialità, da sole, non bastano

Io sono convinto che l’Italia abbia un potenziale turistico estremo. Fra storia, arte e cucina, tutto il resto d’Europa messo insieme non si avvicina nemmeno a una ricchezza del genere. Eppure l’Italia ha 47 milioni di turisti l’anno, la Francia 84 milioni. E le Canarie 10 milioni, suddivisi fra 4 isole così piccole che posso percorrere per tutta la lunghezza in una sola giornata.

Avere un grande pontenziale è inutile, se non lo sai sfruttare. E di contro: non importa quanto sia piccolo il tuo potenziale, se ti impegni. Qui ci riattacchiamo al punto sopra: è la tua determinazione che fa la differenza, non il potenziale.

Restando in tema turismo, prendi le isole Canarie: a parte il clima, non hanno niente. Le spiagge sono per la maggior parte rocciose, zero storia, l’entroterra è fatto di sassi. Ma hanno 10 milioni di turisti l’anno, e in totale saranno poco più grandi della provincia di Brescia. Il motivo è che hanno fatto di tutto per spingere il turismo, al contrario dell’Italia dove viene bloccato da una politica miope e retrograda. Quindi, sul PIL totale, il turismo incide alle Canarie molto, molto più che in Italia.

Ho già parlato di questo punto in un articolo precedente: il talento non esiste. Dove talento è sinonimo di potenzialità.

Anche tu hai del potenziale. Magari ancora non te ne sei accorto, magari devi ancora scoprire la tua vera strada. Non ti preoccupare, è normale. Esiste un solo sistema per trovare quello che fino a qualche anno fa veniva chiamato “destino”: provare a fare cose diverse. Continuare a scoprire cose nuove, finché non senti di aver trovato la strada giusta per te.

In soldoni, ecco quello che ti consiglio di fare: se sei giovane, vai a fare almeno 6 mesi all’estero. Vai a Londra, trova lavoro in un pub, restaci almeno mezzo anno. Vivere da solo, lontano dalla rete protettiva della famiglia, ti aiuta a mettere tutto in prospettiva. Scoprirai nuove cose su te stesso, metterai per la prima volta alla prova le tue abilità nel mondo reale. E se non ne hai nessuna, allora ancora meglio: imparerai un sacco di cose. Guarderai l’Italia con occhi nuovi.

Il che mi porta al punto successivo…

3) L’indipendenza deve essere il tuo primo obiettivo

Ricordo che qualche anno fa, quando ancora guardavo la TV, è venuta fuori questa polemica perché qualche politico aveva chiamato i giovani italiani dei “mammoni”.

Non ricordi chi fosse, ma aveva ragione.

L’italiano è mammone, nel senso che per lui è una cosa naturale restare attaccato alla famiglia più a lungo possibile. Non parlo solo dei giovani che ancora vanno all’università, ma anche di trentenni con anni di lavoro alle spalle e una posizione a tempo pieno.

Ora, lo so che l’economia italiana è in rovina. Lo so che andare a vivere da solo costa di più. Ma è questo che significa crescere: diventare indipendente e padrone della propria vita e del proprio futuro.

Non puoi avere velleità di crescita personale, se non sei nemmeno pronto a fare questo passo verso la tua indipendenza fisica. E senza l’indipendenza fisica, allora anche l’indipendenza finanziaria non la raggiungerai mai.

Il fatto è che non hai nessuno stimolo per il cambiamento. Rimani nel tuo status quo, stagnante senza cercare di migliorare. Perché non ne hai motivo, “le cose vanno bene così” dici. Peccato che lo status quo non esista, visto che il tempo va avanti comunque: ogni giorno che passa, invecchi sempre di più. E quel tempo che stai perdendo non tornerà indietro.

Un giorno può sembrare poco, ma incastrane cinque o seicento, e già abbiamo fatto due anni. A seconda di come decidi di condurre (o non condurre) la tua vita, un anno può essere un sacco di tempo o volare via in un attimo.

A me non piacciono i “buoni propositi di inizio anno”, perché statisticamente sono uno spreco di tempo. Ma qualcosa il primo gennaio me lo prometto: voglio ricordare ogni anno per aver fatto qualcosa di straordinario. Non importa cosa, ma deve essere qualcosa che mi cambia la vita. Dal 2010 a oggi, ho rispettato questo comandamento. E se lo fai anche tu, allora un anno è più che sufficiente per pianificare e raggiungere un obiettivo straordinario.

D’altra parte, se ti immergi nella routine quotidiana senza fare mai niente per migliorare, allora un anno ci mette poco a passare. Poi due, cinque e dieci. Molte persone fanno passare dieci anni senza un singolo cambiamento degno di nota nella propria vita, ed è lì che ti accorgi di aver sbagliato qualcosa.