L’effetto sociale: ecco perché festeggiamo l’unità d’Italia
Oggi prendo spunto da un interessante mini-articolo del Tagliablog (che consiglio a tutti di leggere) per parlare di un argomento che reputo molto interessante: l’appartenenza ad una nazione. Ovvero: perché stiamo festeggiando l’unità d’Italia.
Lo ammetto, la scala dei festeggiamenti per l’unità è di gran lunga superiore a quanto avrei mai potuto immaginare, e non nascondo una certa sorpresa nel leggere così tante frasi patriottiche su Facebook: a quanto pare sono ben lontani i tempi del proverbio “Francia o Spagna, basta che se magna”.
Soprattutto per una nazione che, in generale, di patriottismo ne conserva ben poco. Non passa giorno senza che qualcuno si lamenti di qualcosa, e predica l’apocalisse per lo stivale nostrano per cause varie: ora sono i fascisti, ora i comunisti, ora il nucleare, ora i verdi, ora i razzisti, ora gli immigrati, ora i leghisti, ora i mafiosi.
E potrei andare avanti ancora un bel po’ con la lista, perché in Italia va parecchio di moda lamentarsi un po’ di tutto. Per quanto abbia riscontrato anche all’estero un atteggiamento simile, negli altri Paesi il fenomeno non raggiunge il livello preoccupante dell’Italia. Insomma, proprio non riusciamo a semplificarci la vita.
È per questo che mi aspettavo dei festeggiamenti tiepidi, non infuocati come quelli che ho visto in questi ultimi tre giorni. Ma adiamo oltralpe: durante i miei viaggi ho notato che le feste nazionali fanno scoppiare un rinvigorito spirito patriottico un po’ in tutto il mondo, e non solo nel Bel Paese. Perché?
Lasciamo da parte la componente politica: l’importante ricorrenza è stata ampiamente strumentalizzata da tutti gruppi politici e ideologici (parlamentari e non) e questo ha certamente aiutato ad aumentare la scala dei festeggiamenti, ma non è questo il punto. Pare proprio che gli italiani siano fieri di essere italiani, nonostante tutto.
Un successo così grande mi ha fatto pensare, e vorrei condividere con te le mie conclusioni: secondo la mia personale opinione si tratta semplicemente dell’estensione massima di un effetto sociale fra i più famosi al mondo: il senso di appartenenza.
Come è stato infatti teorizzato da Maslow (da non confondere con Pareto) nel 1954, secondo un modello che viene ampiamente utilizzato ancora oggi, quando una persona ha soddisfatto i propri bisogni fisiologici (cibo, sonno) e di sicurezza (casa, salute, lavoro), la cosa che cercherà prima di tutte le altre è il senso di appartenenza a un gruppo.
E quale miglior gruppo della nazione? È grande, ha dei confini ben delineati (che aiuta non poco), accomuna la popolazione con cultura, storia e lingua simili. Senza contare che storicamente i movimenti nazionali sono nati perché un popolo dai tratti simili voleva essere riconosciuto ufficialmente. Ultimo ma non ultimo la maggior parte delle persone nascono e vivono sempre nello stesso stato, e come è facile intuire questo aiuta di molto il senso di appartenenza: dopotutto, quella del proprio Paese è l’unica cultura che si conosce approfonditamente.
La grande festa che si sta facendo, quindi, la vedo principalmente come una celebrazione atta a rafforzare quella sensazione positiva che ci dà un gruppo, perché è questo che rappresenta una nazione, qualsiasi nazione: l’appartenenza a qualcosa di più grande.
Bada bene che questa è la mia opinione! 🙂