Come ridurre il dolore con l’autoconvinzione

Sapevi che esiste una malattia che non fa sentire alcun dolore? Si chiama insensibilità congenita al dolore con anidrosi (o CIPA dall’acronimo inglese), ed è causata dalla mancanza delle terminazioni nervose adibite a recepire gli stimoli sensoriali.

Queste persone non sono in grado di provare dolore, ma nemmeno caldo e freddo. Un sogno dirai? No!

Il dolore, per quanto odiato da tutti, è il campanello d’allarme del corpo che ci indica che qualcosa non va, e ci permette di porre rimedio. Senza dolore è impossibile accorgersi di un’ustione o di una frattura, il che comporta forti rischi. Per sapere di più della malattia vi rimando all’articolo di Wikipedia.

Oggi ti parlerò del dolore e di come ridurlo.

Un’esigenza pratica dovuta alla mia sgradevole esperienza dal dentista, e all’estrazione di un dente particolarmente brutta. Ottimo dentista niente da dire, ma un dente del giudizio è sempre un dente del giudizio.

Ho già parlato di una tecnica per curare il mal di testa e di come guardare il dolore aiuti a ridurlo. Peccato che il primo metodo sia poco efficace quando si parla di lacerazioni, e il secondo è inapplicabile (l’ex dente era bello in fondo).

Sono quindi andato alla ricerca di metodi alternativi e più funzionali.

O meglio, visto che a me piace sperimentare, ne ho creato uno per conto mio. E per fortuna l’ho trovato, grazie alle conoscenze che ho acquisito man mano che facevo ricerche per gli articolo precedenti. 😉

Quindi qui sotto racconto l’esperienza pura e semplice, un metodo che ha funzionato per me. Probabilmente quanto sto per dire è stato già dimostrato dal grande professore di turno, ma al momento mi focalizzerò su quello che ho sperimentato io. Sì, sei di fronte ad un articolo completamente originale!

Il dolore di origine psicologica

Il mio punto di partenza è stata una constatazione: ho notato che molte persone, quando vedono o sentono una storia particolarmente dolorosa (ad esempio, leggendo le tecniche di tortura medievali) rabbrividiscono e sembra quasi che possano provare il dolore che viene loro raccontato.

Ti è mai successo? Dimmelo nei commenti! 🙂 Questo è il potere della visualizzazione mentale: il cervello tende a credere e a rendere reale quello che immagina in modo più vivido (a proposito di visualizzazione, hai mai visto il film Sfera? Se ti piacciono la psicologia è la fantascienza, te lo consiglio).

Ci si mettono di mezzo anche i neuroni specchio, che ti fanno immedesimare in quello che provano gli altri.

Il secondo passaggio è scoprire che quello descritto sopra funziona ancora meglio quando il dolore che si immagina esiste veramente, basta amplificarlo in questo caso.

Io che ho mal di denti, se mi immagino come sarebbe estrarre un dente senza anestesia, o che si stia sviluppando un’infezione proprio nella mia bocca, sento aumentare il dolore (sì anche adesso, ma un esempio dovevo pur farlo – e poi non dire che non mi sacrifico per te).

Naturalmente, più ci si concentra sull’immagine e più il male sarà acuto. Il principio è sempre quello della visualizzazione mentale, con la differenza che adesso è supportato da uno stimolo sensoriale fisico (il dolore appunto, e nel mio caso anche la memoria del perché si è manifestato).

Una tecnica per sentire meno dolore

Mi sono quindi chiesto se il principio potesse funzionare anche al contrario. Mi sono immaginato il dente che stava guarendo pian piano, i nervi dolenti mentre venivano riparati, l’infiammazione che si attenuava e così via. E con mia grande felicità, il metodo ha funzionato.

Non solo, ma è anche semplice da applicare e non richiede grandi sforzi: all’inizio devi concentrarti, ma una volta che avrai visualizzato l’immagine desiderata dovrai solo tenerla a mente, e potrai senza problemi continuare con le tue attività quotidiane. Anche se ho scoperto la tecnica solo ieri sono abbastanza sicuro che possa essere applicata a tutti i tipi di dolore.

E questa non è la sola cosa che ho scoperto in questi primi due giorni di degenza, leggi la seconda parte qui: come ridurre il dolore grazie all’autoconvinzione – parte 2.